DIALOGOPONTE
tra Enzo e Sandra
Un incontro casuale, ma forse no! Mi sei stata presentata come l’anima (o meglio ancora il vero motore…) dell’Università Popolare di Palermo dove il 22 gennaio 2020 nella splendida cornice dell’archivio storico della stessa tua città ero stato invitato da Pippo Di Liberto Vincenzo di Dio e Marcello Arici, per un seminario sulla tragedia di GENOVA e la figura di Riccardo Morandi. Mi avevano colpito i tuoi occhi intensi ed espressivi, molto luminosi , quasi fiammeggianti . Il tuo viso scultoreo . Un ritratto con chiare reminiscenze di noti ritratti rinascimentali. Inevitabile la mia curiosità di andare oltre un episodico incontro per comprendere meglio una personalità che già mi sembrava particolarmente interessante. Poche parole sono bastate per darmi conferma di un “dentro” denso e profondo, pieno di interessi coltivati con forte determinazione e mai lasciati in sospeso. Sono passate poche settimane ed ecco la magia. Sei riapparsa con un tuo incredibile scritto come recensione del mio IL PONTE UMANO, che qui voglio riportare per intero.
E.S.
ENZO SIVIERO
IL PONTE UMANO
Pensieri e ricordi in libertà di Enzo Siviero
A cura di Sandra Guddo
Il concetto di cultura come sistema integrato dei saperi è la chiave di lettura di questo volume in cui nulla è scontato a cominciare dallo stesso titolo “IL PONTE UMANO”.
Il libro di Enzo Siviero è una raccolta di pensieri e ricordi in libertà, dove emerge chiaramente una visione della realtà nella quale è possibile, anzi indispensabile, che gli opposti si incontrino, che le tesi e le antitesi si concilino in una visione integrata e dinamica che riesca a mettere d’accordo Bellezza e Funzionalità, Arte e Scienza. Una visione in cui il Sapere si manifesti come connessione tra conoscenze e creatività da cui potrebbero nascere progetti artistici arditi ma fortemente funzionali. La creatività, caratterizzata dal pensiero divergente che non si accontenta di soluzioni scontate, in senso leonardesco, può dare vita a qualcosa di inimmaginabile ma possibile con l’ausilio della “Scientia”.
Insomma, per dirla con il nostro Autore, una visione della realtà che può essere sintetizzata in una sola frase “ars sine scientia nihil est” e può condurre dal Sapere teorico al Saper fare e al Saper far fare.
Da tale premessa nasce la metafora del Ponte Umano.
Dalla logica spietata dei muri che si innalzano per segnare confini e divisioni, fonte di guerre e forti tensioni sociali e politiche, Enzo Siviero passa alla considerazione, nata dalla ragione e alimentata dal cuore, che sarebbe meglio costruire ponti invece di muri. Nella ragion d’essere del ponte è insita l’idea stessa del superamento delle diversità nella comprensione e accettazione dell’Altro diverso dal proprio Sé, degli Altri popoli, etnie e civiltà lontani dalla nostra se non addirittura contrapposta.
Ma è veramente così?
Si può accettare ed amare ciò che non si conosce?
E’ possibile compiere un percorso mentale e fisico che ci porti infine ad amare ciò che molto spesso si rifiuta soltanto sulla base di pregiudizi e stereotipi, costruiti ad arte da ideologie malate che vogliono mantenere il proprio potere su altri popoli definiti, tout court, inferiori?
Ecco che giungono comode teorie razziste che alzano muri molto difficili da scalare o da abbattere. Nulla è più efficace del Ponte Umano per il superamento di tali stizzose e pericolose posizioni. E possiamo affermare, senza tema di smentita, che nessuno è più qualificato dell’ingegnere Enzo Siviero a costruire ponti. Tutta la sua vita è stata dedicata ad erigere in ogni angolo del mondo ponti il cui compito consiste essenzialmente nell’ unire luoghi contrapposti, nel colmare spazi vuoti, nel superamento di divisioni collegando attraverso il ponte una sponda all’altra, un versante al suo dirimpettaio.
La logica del dirimpettaio è quella vincente: il dirimpettaio è il tuo vicino di casa. Tutti in fondo abitiamo nella stessa casa che si chiama pianeta Terra. Non è facile riconoscere questa semplice verità che può essere elaborata attraverso la filosofia del Ponte Umano.
Sì!
Perché questo non è un semplice libro in cui Enzo Siviero raccoglie con cura pensieri e poesie, è qualcosa di più. Un prezioso trattato di filosofia nel senso etimologico della parola, cioè Amore per la Conoscenza. Si può amare veramente soltanto ciò che si conosce!
Ed Enzo Siviero sa amare perché riesce a essere in sintonia, in una corrisposta empatia, con uomini e donne appartenenti a civiltà lontanissime da noi, attraverso la loro diretta conoscenza, condividendone usi e tradizioni, accogliendo e rispettando la loro cultura millenaria, accettando il cibo servito in modo diametralmente opposto alle nostre consuetudini: ”Ricordo che, verso l’imbrunire, inondati da quell’incredibile rosso-fuoco che ci regala ogni tramonto nel deserto, quello che sempre si racconta con trepida emozione, ci imbattemmo in un gruppo di nomadi che, a cerchio, stavano bevendo il thè.
Subito, nel salutarci con inattesa cordialità e immediato senso di amicizia, ce ne offrirono un “bicchierino”. Non si poteva certo rifiutare, sarebbe stato un gesto di inaudita scortesia, ma con un certo imbarazzo, ci rendemmo conto che il “bicchierino” era uno soltanto e tutti a turno vi bevevamo …” (da Dal Cairo alla Libia )
Può capitare anche di incontrare al Cairo, una sconosciuta fanciulla e non dimenticare mai più “quello sguardo pieno di speranza che velava una indicibile tristezza”.
Costruire altri ponti, quello pedonale Gezi, nella mitica capitale turca ad esempio, dove c’è la possibilità di essere autenticamente, in senso heiggheriano, UOMO-PEDONE che sovrasta il GUIDATORE-AUTOMA, chiuso nella sua scatoletta di lamiera. Sul ponte pedonale è possibile camminare fianco a fianco con lo sconosciuto: quel ponte diventa così un luogo dove stringere “NUOVE AMICIZIE. NUOVE FRATELLANZE. NUOVE CONDIVISIONI. NUOVI AMORI” potrà diventare il nuovo Karma.
E il ponte diventa: Amoreponte!
Diventa il luogo del silenzio dove ri-trovare sé stessi sarà più semplice, dove ri-scoprire la propria essenza fondante di essere umano e non bestiale sarà più facile.
A questo punto della ricerca ontologica di Enzo Siviero, ecco venire il soccorso la poesia che è lo strumento più idoneo per esprimere i più profondi moti dell’animo. E il nostro Autore, senza inutili sentimentalismi, è capace, con i suoi versi limpidi e incisivi, “di far volare la mente e lo spirito iniettando nel cuore una spinta verso il tutto”.
AMORE COME ULISSE
Molte son d’amor le forme
Molte ancora da scoprire
Ma dovunque lascian orme
Nell’eterno divenire …
Attraversare un ponte o fermarsi ad osservare i passanti diventerà l’occasione irripetibile di credere che esista il PONTE che potrà condurci agli Altri o più semplicemente il modo per andare oltre verso l’infinito … verso l’ALTRO.
Sandra Guddo
Palermo marzo 2020
Inutile nascondere che sono rimasto sorpreso da questa capacità che hai dimostrato nell’entrare così in profondità del mio essere “uomoponte” . Vero che hai seguito con molta attenzione la mia conferenza ( peraltro durata un paio d’ore…), sulla quale hai poi scritto un tuo pezzo per GALILEO SPECIALE MORANDI che più sotto riprendo per intero, ma mai avrei immaginato che tu potessi intersecare quanto da me detto sullo stesso Morandi e più in generale sul tema dei ponti , con quanto raccolto ben cinque anni fa nel PONTE UMANO.
ENZO SIVIERO
CONVEGNO DEL 22 GENNAIO A PALERMO
STORIA DI UN PONTE
Il VIADOTTO POLCEVERA DI GENOVA
A cura di
SANDRA GUDDOv
Le pietre parlano, ci raccontano la loro storia e quella degli uomini che sono entrati, nel bene come nel male, in relazione con esse. E cosa ci narrano le pietre del ponte Morandi, rovinosamente e misteriosamente crollato in una calda giornata estiva?
Era il 14 agosto del 2018 quando è avvenuto il crollo parziale del ponte sul Polcevera di Genova, più noto come ponte Morandi dal nome del suo costruttore Riccardo Morandi, stimato ingegnere che ha dedicato la sua vita ai ponti.
Quelle pietre tacciono, ma sarebbe più opportuno dire che sono state messe a tacere: non hanno più nulla da raccontare perché giacciono mute nell’area sottostante insieme ai palazzi e alle altre costruzioni abbattute in seguito a decisioni prese dall’alto che risultano incomprensibili ai più.
E certamente lo sono per l’ingegnere Enzo Siviero, uno dei più noti conoscitori di ponti al mondo!
Tante domande senza risposte, tante ipotesi che ormai non è più possibile verificare perché le pietre giacciono inermi come soldati, senza nome, caduti in battaglia. Sembrerebbe che, come in romanzo poliziesco, siano state eliminate tutte le tracce , così come gli indizi utili per individuare il colpevole.
Enzo Siviero, con un manipolo di esperti nel settore, ha posto interrogativi che sono stati obliati, rimbalzando contro il muro di gomma di uno sconcertante silenzio che alimenta dubbi in assenza di risposte certe e chiarificatrici tardive ad arrivare.
Tutto ciò reso possibile da un’accurata operazione mediatica, complice di una classe politica che ha messo in evidenza il suo lato più oscuro.
Sì! Perché non consentire alle voci, anche le più autorevoli, di esprimersi nell’interesse della collettività, è un atto inaccettabile che crea sospetti sulla condotta di chi ha deciso perentoriamente la demolizione totale del ponte Morandi, ponte che avrebbe potuto essere curato, sanato e restituito, in poco tempo e con una spesa ridotta, alla città di Genova e ai suoi abitanti.
Di questo e di molto altro si è parlato a Palermo durante il convegno che si è svolto il 22 gennaio 2020 nella magnifica aula Damiani Almeyda dell’Archivio Storico Comunale in San Nicolò da Tolentino. Il convegno, su iniziativa di Marcello Arici, Pippo di Liberto e Antonio Licata, è stato organizzato dall’Università Popolare di Palermo, meglio nota come UNIPOP, con il patrocinio dell’Università telematica eCAMPUS, di cui Enzo Siviero è il rettore, e dell’Ordine degli Ingegneri di Palermo con la presenza del suo presidente l’ingegnere Vincenzo Di Dio. Un convegno, durato oltre due ore, in cui il relatore, Enzo Siviero, anche attraverso l’ausilio di immagini, ha esaminato con puntualità tutte le fasi del crollo del ponte sul Polcevera, definita una “Tragedia nella Tragedia”.
Certamente una tragedia perché è costata la vita a 43 persone, perché ha colpito un’intera comunità creando enormi disagi di viabilità in tutta la città di Genova. In particolare, ne hanno subìto le tragiche conseguenze gli abitanti della Val Polcevera, trasformati, come per un crudele maleficio, in sfollati. Ben 566 abitanti delle abitazioni sottostanti sono stati risarciti con somme più che adeguate affinché abbandonassero le loro case, danneggiate o pericolanti, per trasferirsi altrove, senza che ci fossero manifestazioni di protesta: tutto nell’assoluto silenzio e con una rapidità sorprendente per un paese che non brilla di certo sotto tale aspetto.
Ma la tragedia riguarda non soltanto le povere vittime con i loro familiari e la città di Genova nel suo complesso, ma il ponte stesso che è stato fatto brillare interamente decretando la fine della sua esistenza. Un ponte non è soltanto oggetto ma è anche soggetto, chiarisce Enzo Siviero nella sua appassionata dissertazione. Ha un’anima, vive, congiunge, unisce e ama. E’ la metafora stessa della vita e dei suoi più alti ideali: è simbolo di pace e di speranza. È Amore!
Invece, con un’operazione che ha avuto inizio nel febbraio del 2019 per concludersi nell’agosto dello stesso anno, il ponte Morandi è stato demolito con una quantità impressionante di esplosivo, lasciando per terra tonnellate di macerie: ben 250.000! Ciò a dispetto dell’ambiente e della sua salubrità, senza curarsi del diffondersi nell’aria delle polveri sottili, delle tracce di amianto, della congestione del traffico cittadino reso ancora più caotico per la presenza di automezzi addetti allo smaltimento delle macerie. Su questo ulteriore disagio, a cui i genovesi sono sottoposti quotidianamente, la stampa e le televisioni locali e nazionali non hanno speso molte parole, non hanno dato spazio mettendo in soffitta quello che dovrebbe essere il vero spirito del giornalismo e del dovere di cronaca.
Sembra che un fitto velo nero sia stato gettato sul crollo del ponte già dal suo primo momento con la collusione del quarto potere che ha fatto il resto! Se informazione c’è stata, essa ha utilizzato la comunicazione come strumento di persuasione occulta che è peggio della disinformazione: è la mistificazione di quanto realmente accaduto.
E’ abbastanza curioso infatti che non esista un solo video che riproduca interamente il crollo del ponte: solo immagini parziali e stigmatizzate. Persino le telecamere di Autostrade in quella mattina del 14 agosto erano in blackout proprio per quel breve periodo del crollo! Incredibile fatalità!
La demolizione/ ricostruzione, proposta senza contradditorio dall’architetto Renzo Piano, appare una decisione che rivela il vero volto di una classe dirigente che trascura non soltanto il danno ambientale ma anche quello erariale. Un’equazione spaventosa che costerà agli italiani circa 300 milioni di euro per la costruzione del ponte di Renzo Piano con tempi certamente non brevi, a fronte dei progetti di risanamento, presentati non soltanto dal nostro relatore ma anche altri arditi giovani ingegneri, la cui spesa si attesta attorno ai 100-150 milioni e con tempi brevi di realizzazione. Una politica dunque miope che si arrende, che non cerca soluzioni alternative, che non propone ma dispone.
Dispone la distruzione!
Una decisione frettolosa, sottolinea Enzo Siviero, che non trova spiegazioni plausibili a meno che essa nasconda interessi di parrocchia, anteposti agli interessi della collettività. Potrebbe celare macchinazioni che hanno come oggetto guadagni facili e illeciti per coloro che, in qualche modo, ne sono coinvolti. Un clima inquietante in un paese in cui difficilmente si sono trovati i veri responsabili di tragedie come questa del ponte Morandi; un groviglio di ipotesi difficili da dipanare, un’assenza di chiarezza che rifiuta le richieste di interlocutori capaci come Enzo Siviero che, in nome della verità, continua la sua battaglia incurante di possibili reazioni. Ma neanche queste sono arrivate e persino la Commissione d’inchiesta non arriva ancora a conclusioni certe. Solo silenzio!
Egli, attraverso dichiarazioni rilasciate a televisioni, tra cui “LA 7”, a giornali e attraverso convegni fatti in giro per tutta l’Italia, continua a porsi e a porre la domanda, sempre la stessa: quali sono le cause del crollo? Forse il sovraccarico? Da escludere se si pensa che nel momento del collasso il traffico era limitato. Potrebbe trattarsi di un fulmine o della concomitanza di cause oppure di semplice fatalità? Ma queste sono opinioni non scienza! La scienza ha bisogno di dati oggettivi e di verifiche sulla base dei dati raccolti. Non è forse questo il metodo di Galileo Galilei, fondatore della scienza moderna?
In modo rigoroso va osservato il fenomeno in questione, vanno raccolti tutti i dati e le informazioni possibili per procedere alla formulazione di ipotesi che andranno confermate o riformulate, per arrivare infine al nocciolo della questione: cioè la spiegazione del fenomeno. In questo caso sul ponte Morandi, costruito nel 1967 da uno degli ingegneri più qualificati al mondo, non è stato possibile applicare il metodo scientifico formulato dal grande scienziato pisano per l’assenza di filmati completi sul crollo da visionare. E’ stata tolta inoltre la possibilità di esaminare e raccogliere prove e indizi sulla salute del ponte o almeno di quella parte crollata perché esso è stato demolito in fretta e furia. Conclusione? niente ipotesi, niente verifiche: nessun colpevole!
E ancora: perché non è stata data alcuna importanza all’autorevole progetto di Enzo Siviero e di altri illustri professionisti che prevedeva la ricostruzione del pilone crollato e il risanamento dell’intero viadotto rimasto integro? E per rendere meglio l’idea, riportiamo una frase dell’ingegnere, pronunciata durante il convegno di Palermo, dove afferma: “Se ti rompi una gamba, metti il gesso (…) ci voleva una “transazione” per passare da un sistema strutturale all’altro. E ciò era sicuramente possibile!”
Altri ponti con le medesime caratteristiche sono stati riparati e restituiti alla comunità, migliorati sia in termini di funzionalità che dal punto di vista estetico e nel rispetto dell’ambiente circostante, in armonia con i principi vitruviani di “venustas, firmitas e utilitas”. Senza contare che un’operazione di ristrutturazione esemplare avrebbe mostrato al mondo intero che “in Italia esiste una tradizione sempre viva e di alta qualità nel campo della riqualificazione delle strutture esistenti”.
Con il costosissimo progetto di Renzo Piano, il ponte sarà ricostruito venti metri più avanti, abbandonando le vecchie fondazioni che andavano benissimo. Enzo Siviero si pone altre inquietanti domande: il ponte Morandi poteva essere riparato, dato che le fondamenta sono integre anche del pilone misteriosamente crollato? Perché abbattere i due piloni strallati superstiti e 600 metri di viadotto in ottime condizioni?
A chi giova o meglio, per citare la celebre frase latina, cui prodest?
La celebre frase, in realtà, pone la domanda ma riesce a darsi anche la risposta che per onore del vero, riportiamo: cui prodest scelus, is fecit.
Se così fosse, sarebbe una verità agghiacciante, un’ipotesi azzardata e il solo fatto di concepirla suscita orrore!
Quello che sappiamo per certo è che Enzo Siviero, incarnazione stessa del nuovo umanesimo e del libero pensiero, continuerà a cercare risposte in nome della veritas a cui tutti noi dovremmo aspirare.
Sandra Guddo
10 marzo
Ebbene che dire se non che sei davvero incredibile? Riveli con la massima naturalezza il tuo essere a tua volta DONNAPONTE. Giocoforza iniziare un dialogoponte altalenando chat con viva voce. Cosicché man mano le semplici sensazioni iniziali si sono via via velocemente dipanate in brevi racconti di noi, dei nostri pensieri più eterei, dei reciproci interessi. del desiderio di fare ponte con gli altri ritrovandovi un modo per esplicitare noi stessi. La diversità delle nostre storie pregresse e la distanza spaziale tra le nostre due regioni, pur nel breve tempo di una conoscenza da subito non superficiale, hanno messo in moto una piacevole sensazione: condividere un modo di essere interpretando la nostra vita per dare un senso a ciò che siamo trasmettendoci anche nell’incontrare una parte di noi stessi per farvi germogliare altre curiosità, altri stimoli , altri desideri , forse sopiti ma di certo non spenti, per ridare al fuoco che alberga in noi il ruolo che Prometeo ci ha donato a prezzo del suo immane sacrificio . ES
Ti ho inviato il mio scritto per te e tu prontamente così hai risposto.
Una sintesi perfetta alla quale avrei poco da aggiungere se non che ci sono molte altre dimensioni in cui è possibile incontrarsi per raccontarsi e vivere momenti speciali di pura amicizia!
Ma non si poteva chiudere così.
Ecco una piccola parentesi che ancora voglio qui richiamare.
A Teramo sono stato chiamato il 2 marzo per un importante collaudo di un ponte che da anni non decolla. In quella occasione è stata indetta una conferenza stampa per presentare il team di supporto all’amministrazione provinciale. Io non ho esitato a “raccontarmi” senza timore per i miei pregressi accademici e professionali con qualche “incursione” sul mio essere uomoponte e perché no? Anche un tantino “poeta dei ponti”, definizione noi – mia.
Ti ho inviato i link delle interviste e tu su mio esplicito invito prontamente hai così commentato:
Mi sono piaciute e anche molto. Sei professionale e arguto, zero falsa modestia ma un’affabulazione intrigante perché quando parli di ponti sembra che tu stia parlando della donna che ami. C’é passione, c’é verità, c’é anche un pizzico di complicità.
Anche in questo hai saputo cogliere il vero me! Te ne sono davvero grato.
E dunque, cara Sandra, interpretiamo questa “commedia” della VITA, che, come ci ricorda Pedro Calderon de la Barca altro non È che SOGNO. E, ne sono certo, ci riserverà altre piacevolissime sorprese. La distanza non conta! Essa si colma in un baleno nella piena consapevolezza di ciò che siamo, condividendo pensieri e azioni per far sì che questo nostro straordinario ponte, decisamente inatteso, ci traghetti verso il sogno sognante che per questo potrà tramutarsi in una realtà ancora tutta da vivere. E non è tutto questo uno dei tanti aspetti di ciò che io da tempo definisco l’AMOREPONTE? Perché l’amore, quello evangelico, è il vero comandamento: Ama il prossimo tuo come te stesso. E noi già lo stiamo, virtualmente, ma non per questo meno intensamente, già vivendo
ES
Ed ecco che in modo inatteso, ma assai gradito, ricevo altri commenti.
Sul mio impegno professionale
Sei grande nel tuo lavoro! Quello che spero è che tu possa realizzare un ponte anche in Sicilia: la mia terra ha tanto bisogno di uomini come te.
Poi, più in generale.
La ricerca del crollo sul ponte di Genova mi ha portato a scoprire di te alcune caratteristiche fondamentali che apprezzo particolarmente nelle persone.
Parlo di uomini veri e non quaquaraquà. Ce ne sono troppi in giro ma io ho imparato a riconoscerli subito e costoro non hanno alcuna possibilità di diventare miei amici.
Il sentimento più nobile che esista e per il quale posso donare parti preziose di me, per questo ti sto dedicando il mio tempo, pur se in piccola parte, e alcuni miei pensieri, pur se sporadicamente.
Per me è bellissimo cosi: una conversazione leggera, eterea, positiva.
Non ti parlerò dei miei affanni né delle preoccupazioni che la vita inevitabilmente pone ma che io, come te, vivo in assoluta serenità.
Quanto all’Amore- ponte che trova riferimento concreto nel Ponte sullo Stretto, esso saprà collegare. In un abbraccio panico, tutte le genti di buona volontà. S.G.
Ecco la mia risposta.
Certamente un rapporto leggero e nobile creativo e interattivo da vecchi amici che si sono ritrovati dopo tanti anni ancora giovanissimi. Così deve essere e così sarà! Attenderò ogni pensiero che vorrei condividere!
Una chiosa finale.
Caro Enzo. Non ricordavo di aver centrato così efficacemente tutte le questioni poste sul tappeto! e soprattutto della tua figura umana e professionale.
Non solo come ti ho detto in una precedente conversazione: “Paladino del terzo millennio”, ma ancor più incarnazione del nuovo Umanesimo e del Libero Arbitrio.
Grazie S.G.
Per Sandra Vita Guddo
Riflessioni al suo libro
GRAMIGNA storie di gente di Sicilia
Corleone! Già il titolo di uno dei racconti evoca non poca curiosità, per non dire notevoli aspettative e più di qualche interrogativo. Ebbene finalmente viene frantumato il negativo di questo nome per riportarlo nella sua vera identità positiva che pochi conoscono.
Straordinario a tal proposito è proprio l’ultimo racconto “Matrimonio a Corleone” con suoi intrecci umani uniti ad una puntuale lettura del luogo. Il ritorno agognato della figlia inconsapevole di quella terra, che ha incantato il giornalista mentre la mamma sente il richiamo dei luoghi dell’amore passato, ma nella sua durezza caratteriale non cede soffrendone molto. Ecco già qui si racchiude la “Sicilitudine” che mai ti abbandona.
Il sottotitolo poi ci riporta immediatamente al centro dell’attenzione la parte forse meno nota della Sicilia. Le genti e la loro storia nell’evolversi dei tempi che furono ove tutto muta nelle aspettative e tutto resta immutato nella condizione umana. Vincitori e vinti, predatori e sudditi, dove chi ha pretende tutto e chi non ha non può nemmeno difendere il suo quasi nulla. Storie di genti e dei luoghi cui essi appartengono indissolubilmente, anche quando sono costretti a dolorose emigrazioni. Sandra Guddo sa ad un tempo entusiasmare e riflettere. Fa conoscere ciò che si intuiva. Riesce a dar voce ai vinti facendoli diventare i veri vincitori. La vita vera sono loro, con il problema atavico della sopravvivenza che nei vari racconti fa emergere eroi comuni, eppure straordinari nella loro quotidianità.
Tra Verga Pirandello Sciascia Tomasi di Lampedusa ne emerge una sicilianità prorompente e contagiosa che si perde nella notte dei tempi ma che è indelebilmente impressa nello spirito, negli animi e nei corpi la cui fisicità è così ben descritta dall’autrice.
Sono pensieri che io stesso coltivo gelosamente da uomo del nord con il cuore che batte a sud. E ricordo che molti anni fa, con i medesimi sentimenti ebbi modo di riflettere sulla Sicilia. Ne riporto qui una parte che a me pare corrisponda perfettamente a ciò che ci sa trasmettere Sandra parlando direttamente al cuore con un la freschezza dell’acqua di fonte e con la profondità dell’acqua degli oceani.
“I visi scavati dal tempo e dalle intemperie, i caratteri aperti all’amicizia istintiva, all’amore per le persone: tutto ruota attorno all’umanesimo dell’essere. Legami profondi di famiglie e di affetti che permangono nel tempo ben custoditi, nei cuori e nello spirito, mai sopiti neppure dopo decenni di lontananza.”
E ancora, ecco un mio sentire di allora che ho pienamente ritrovato nei bellissimi e struggenti racconti della nostra autrice.
“la Sicilia richiama gran parte della storia del mondo occidentale antico e moderno. Chi non sente la vibrazione omerica di Scilla e Cariddi? Chi non resta stupefatto di fronte alla grandezza di Taormina, Agrigento, Siracusa, Selinunte, Segesta? Giusto per affondare nella Magna Grecia le radici di un potente passato.
Ma, via via, con il trascorrere dei secoli, si sono ripetuti i segni di una civiltà variegata, colta e raffinata. Federico II e la sua corta di Palermo, culla del “sonetto” nella poesia di Jacopo da Lentini. La presenza araba che ancor oggi permea le pietre mirabilmente scolpite di chiostri e palazzi. Il barocco di Noto e di tanti altri “luoghi” che ci emozionano per la densità di espressione artistica dell’uomo-artigiano. L’eccellenza industriale dei Florio. L’eccellenza scientifica del centro internazionale di Erice. L’eccellenza strutturale del Ponte sullo Stretto, record dei record. E siamo già al futuro…. E che dire della natura, dei silenzi delle vallate, dei profumi dei fiori, del sapore del mare, della suggestione delle isole?”
Credo che in questi miei pensieri di fine secolo scorso , si racchiuda gran parte di ciò che ho letto della Nostra. È così che ancora una volta attraverso questi racconti mi sento anch’io atavicamente siciliano, convinto come sono che Veneto e Sicilia, pur nella loro lontananza fisica, esibiscano storie di genti molto simili tra loro. Vessazioni oppressioni prevaricazioni violenze distruzioni grassazioni. Terre di conquista per molti stranieri. Ma un parallelismo mi sento di fare tra la corte di Federico II, pur breve e lontana nel tempo, ma che tanto ha lasciato di sé, e il dogato millenario della Serenissima Repubblica. L’orgogliosa necessità di autonomia dei popoli, pur nella piena appartenenza all’Italia e all’Europa. È lo spirito indomito della libertà.
Anche questo è una costante nei vari racconti che Sandra Vita Guddo ci offre in questo prezioso libro. E dunque lunga “Vita”.
Tu hai accolto con entusiasmo questo miei pensieri e io a mia volta ne sono lusingato. In fondo da tempo sento la Sicilia come una mia seconda patria e ovunque vada lo esprimo senza riserve.
Ma il dialogo continua
E.S.
Io amo la sintesi per cui chiedo a Enzo una breve riflessione che non tarda ad arrivare e mi rendo conto di quanta passione egli nutra per il ponte.
ll ponte nella visione di Enzo Siviero
Il ponte è la metafora assoluta.
Un oggetto/soggetto che collega luoghi genti popoli culture e credi.
Un’opera di straordinario ingegno strutturale/architettonico capace di inserirsi da protagonista nel paesaggio fisico e culturale, geopolitico e storico . Sempre presente nell’immaginario collettivo determinando i luoghi, creando suggestioni. In sintesi, un continuo emozionarsi per ciò che è. Per questo è un vero e proprio simbolo di pace di amicizia di fratellanza e di amore. Infine ciò che conta richiamando le parole del Santo Padre, è sì saper costruire ponti e abbattere muri, ma soprattutto avere il coraggio di attraversare l’ignoto per andare oltre l’oltre. Anche se possibile oltre noi stessi.
Una sintesi mirabolante di vita!
E.S.
Caro Enzo, se mi è consentito, prima di andare avanti nella nostra reciproca conoscenza, indispensabile per la costruzione del dialogoponte, vorrei riportare alcune tue considerazioni sulla cultura islamica. Ciò in omaggio al tuo amico arabo di cui sopra. Anche in questa occasione dimostri di possedere il fuoco sacro di Prometeo
Un pensiero sull’Islam
Il succedersi ricorrente degli attacchi terroristici di matrice islamica ha determinato una crisi di rigetto per l’insieme dell’intero mondo islamico.
È ormai evidente un sentire comune che tende a confondere il gesto “folle” di poche centinaia, o anche migliaia o forse decine di migliaia di fanatici, che uccidono in nome di Allah, con un miliardo e duecento milioni di persone che a ben vedere, forse non sono poi così diverse da noi. Si tratta per lo più di un atteggiamento emotivo che ci tocca da vicino e che subiamo con disgusto creando in noi la paura quando non vero e proprio terrore. Ecco che i migranti per molti “occidentali” sono potenziali terroristi o quanto meno propensi a delinquere.
Ma è proprio così?
Io sto riflettendo molto anche in termini statistici, quanto meno a leggere le cronache di ogni giorno! Se l’attentato si rivolge a “noi” e produce morti e feriti in numero per così dire “limitato”, paginate intere di “orrore”. Se invece le azioni sono rivolte a “loro” e producono centinaia di morti e feriti, benché molto più ricorrenti e numerose (quanti attentati alle moschee sono stati portati a termine?) allora le notizie sono relegate ai margini. Ma a fronte di migliaia o decine di migliaia di morti “loro” che sembra non ci “interessino”, fanno molto più scalpore le decine, forse qualche centinaio, di morti “nostri”.
E si parla di lotte di religione o di scontro di civiltà?
Io non voglio accettare questa valutazione semplicistica. Le vittime del terrorismo di matrice islamica sono in grande prevalenza mussulmani che leggono il Corano e lo “interpretano” in modo diverso, perché diverso è essere Sciita o Sunnita (per ridurre al minimo le differenze che in realtà sono ben più articolate)
E che dire di noi Cristiani? Dagli ortodossi ai cattolici, dai protestanti agli anglicani, per non parlare di Mormoni Quaccheri ecc. quante differenze!
Orbene come si vede, rispetto al mondo islamico, il mondo cristiano è pur esso molto variegato. Certo ora non si sparge sangue! E si legge una tendenza se non all’unificazione, almeno ad un dialogo vero, sentito e praticato in molte iniziative comuni quale ad esempio le marce della pace di Assisi.
Non va dimenticato tuttavia che, nel nome della religione, nei secoli passati non si andava certo troppo per il sottile.
Che dire ad esempio dell’inquisizione?
Magari Giordano Bruno o Galileo su questo tema potrebbero eccepire non poco!
Orbene di converso, neppure va dimenticato che vi fu un tempo in cui la civiltà araba era paragonabile se non anche superiore a quella cristiana e paradossalmente perfino più tollerante. E dobbiamo ricordare che la scienza in senso moderno ci è stata tramandata proprio dagli arabi che hanno salvato dall’oblio molti testi dell’antichità facendone la base della nostra modernità.
Ma se questo è il passato, che fare oggi? Innanzitutto bisogna diffondere la conoscenza della storia dei popoli (ma anche delle religioni) e valutarne le conseguenze in termini “geopolitici”.
Bisogna sforzarsi di capire gli altri per poter dialogare senza pregiudizi e a ragion veduta. Certo ci si aspetterebbe un maggiore impegno dell’intera comunità islamica per contrastare dall’interno questo fenomeno dilagante che ci riporta indietro di molti secoli. Per questo bisogna anche interpretare correttamente le Sacre Scritture (che non va dimenticato sono tra loro in continuità dalla Bibbia al Corano) quanto meno delle tre religioni monoteiste (in fondo Cristo era circonciso) facendo un’opera di divulgazione volta al dialogo interculturale e interreligioso.
Ciò può portare al superamento dell’ignoranza humus sul quale agiscono taluni sedicenti “predicatori”. E oggi i mezzi ci sono: basterebbe saper utilizzare al meglio i mezzi telematici agendo con pazienza e determinazione ma soprattutto con un disegno strategico chiaro e condiviso.
Ma tutti abbiamo il dovere di operare su questa linea comune.
Abbattere i muri della diffidenza reciproca per costruire ponti verso gli altri (più pregnante il termine inglese BRIDGING..) e non aver timore di attraversarli questi ponti, per incontrare gli “altri” , ovvero chi , quasi certamente , è più simile e vicino a noi di quanto possiamo immaginare. Allora si che i timori le paure e il terrore dei singoli possono forse trasformarsi in amicizia fratellanza pace e amore. Non dobbiamo temere l’ignoto quando perseguiamo la conoscenza . E l’Ulisse di Dante ce ne ha dato prova evidente! Ancora una volta è la cultura che ci può veramente rendere “virtuosi”.
E.S.
DOMENICA 15 marzo
Il dialogo ponte diventa più fitto, man mano, che lo attraversiamo per comprendere il vero senso della vita e della sua irripetibile magia fino ad acquisirne la piena consapevolezza della sua unicità da godere e da assaporare momento per momento.
Un nuovo elemento si profila a rinsaldare il dialogoponte che condurrà là dove vogliamo essere: sicuramente in un luogo dove valori importanti come l’amicizia trovano respiro che poi è quello dell’anima. Essa compie la sua ricerca per andare avanti verso gli altri e il diverso da sé, o più semplicemente il modo per andare oltre verso l’infinito … verso l’ALTRO.
Ecco che diventa indispensabile per l’ingegnere Siviero andare verso la contemplazione di un ponte. Non è un ponte qualsiasi ma il ponte che almeno una volta nella vita si deve vedere. Una sorta di pellegrinaggio, come andare alla Mecca o alla Città Santa per viverlo in simbiosi interattiva e penetrarne le intimità.
S.G.
COALBROOKDALE 1779 IRONGORGE o IRONBRIDGE? BOTH IN MY HEART
Eccolo finalmente! L’ho visto e rivisto nelle molte immagini dei libri sui ponti che da anni si accumulano nei miei scaffali. Non vi è nessuno che nel raccontare la storia dei ponti non ne faccia menzione. Ma vederlo dal vero. Ammirarlo nei suoi dettagli. Viverlo in simbiosi interattiva. Penetrarne le intimità. Quasi indossarlo tanto è a misura d’uomo. Non l’imponenza maestosa del Garabit del sommo Eiffel. Né la forza sovrumana del Firth of Forth. Non il vissuto cittadino del Brooklyn. Né la dimensione “oltre” del Golden Gate… potrei enumerarne cento! Ma no!
Perché fare confronti?
Lui è unico! Lui è IRONBRIDGE. Il primo nella storia in ghisa (cast iron non iron come si suol dire, ma tant’è) protetto dall’Unesco come parte di un unicum qual’è IRONGORGE con tutta la sua pluricentenaria storia di miniere e di fonderie. Una manifattura in quel periodo all’apice dell’Europa e del Mondo. Lo si può toccare con mano, anzi no, lo si deve accarezzare con delicatezza! Un vecchio saggio che ancora sa raccontare la propria storia. Il fascino del tempo. È tutto lì. E il luogo. Vecchie case in mattoni. Il Toll Gate ormai museo di sé stesso. E l’acqua. Già l’acqua, dove ancora restano le tracce del trasporto mercantile. Ora con piccoli battelli si percorre un tratto di fiume quasi d’incanto. E pensare che molte miglia a valle, ormai verso la sua foce, il Severn è idealmente “tagliato”, uno dopo l’altro , da due ponti famosi. Il primo sospeso e il secondo più recente, strallato.
Una competizione impropria? O semplicemente un sancire l’evoluzione del “pontificare” o, meglio, con un neologismo che uso da anni, del “ponteggiare”? con ciò indicando che costruire ponti è soprattutto un segno di vita e di amore! The BRIDGE IS LIFE AND LOVE.
Così questa straordinaria e, almeno per me, molto attesa BRIDGE CONFERENCE The Heritage of Connecting Places and Cultures, mi ha spinto ad unire il luogo magico con l’intersezione disciplinare.
Geografia, Antropologia, Storia , Arte, Architettura , Ingegneria , Paesaggio, in poche parole CULTURA a tutto campo senza vincoli né limiti né confini né steccati ideologici! Nulla di tutto questo, se non il piacere dell’ascolto dei cuori che parlano ai cuori mettendo in comune tutto il nostro essere dell’intera umanità.
Ecco che il mio motto BRIDGING CULTURES and SHARING HEARTS si materializza. 150 partecipanti parlano la stessa lingua, non solo l’inglese ormai d’obbligo, ma la lingua del viverci fino in fondo. Essere-Ponte sempre!
E.S.
A tanto entusiasmo alla vista del ponte IRONBRIDGE, corrisponde purtroppo la sofferenza nel dovere prendere atto della distruzione di un altro storico ponte, quello di MOSTAR
La distruzione del ponte di Mostar ha ferito le coscienze dell’uomo per la sua gratuità!
Nessun valore strategico. Solo la volontà di colpire il simbolo del dialogo tra luoghi persone culture e credi. E la sua ricostruzione “com’era e dov’era” per volontà universale non è che il risarcimento fisico ed etico di una ferita inferta in una guerra fratricida ove tra i morti si annovera anche Mostar.
Ora è tornato ad essere se non se stesso, quanto meno un simulacro. Perché il candore del nuovo al confronto con la patina dell’antico non sono sovrapponibili. Io l’ho visitato “prima” ma ho timore a visitarlo “dopo”. Forse è resuscitato a nuova vita! Ma non è più lui! Fortuna vuole che a poca distanza sempre a Mostar (che ricordiamo essere la “città del ponte” essendo “most” nelle lingue slave proprio il “ponte”), sorge un ponte analogo di ben altre dimensioni! Infatti è più piccolo ma altrettanto bello!
Costruito qualche anno prima quasi a voler farne un prototipo in scala, per verificare in via sperimentale se il “figlio maggiore” avrebbe retto con le nuove e più audaci dimensioni. Ebbene sì! Così è stato e nei secoli è rimasto saldo e
ben piantato nella roccia. Un’attrazione turistica allietata dai tuffi di giovani intrepidi incuranti del rischio. Ecco così mi piace ricordare Mostar: la città dei due ponti! Memore del grande architetto turco Mimar Sinan che tanto ha regalato all’umanità nei secoli a venire.
E.S.
15 marzo
Scopro con sorpresa che Enzo Siviero è nato a Padova. Non avevo dubbi che fosse veneto, il suo accento è la carta di identità che qualifica la sua provenienza come fosse un prodotto I.G.P.
E in qualche modo lo è!
Mi ha confessato che anche lui, come molti altri veneti (troppi,) nutriva una malcelata ostilità che in qualche caso si traduce in livore se non addirittura in odio della peggiore specie. Non è questo il caso dei Enzo Sivero che, attraverso un percorso di conoscenza, percorrendo il Ponte Umano, ha scoperto nel Sud una realtà totalmente diversa da come gliel’ avevano raccontata e da come l’aveva immaginata. Un percorso non facile, a volte doloroso!
Io ne sono sempre stata immune tanto che, curiosa coincidenza, ho ambientato il mio secondo libro LE GEOLIER ( dopo TACCO 12 storie di ragazze di periferia), nel Veneto e, udite udite, proprio a Padova, città che ha dato i natali a Enzo ma anche a Cesare Molinari. Protagonista del mio romanzo, partorito dalla mia fantasia creativa, Cesare riuscirà attraverso esperienze drammatiche a ritrovare proprio nel sud e tra le sue genti, valori che credeva perduti e per i quali la vita può avere ancora senso!
Cara Sandra,
sono colpito da tante coincidenze anche se, come ho affermato all’inizio di questo dialogo ponte, sono convinto che nulla avviene per caso. Sono anche molto incuriosito dal tuo romanzo Le Geôlier che vorrei leggere quanto prima al fine di conoscerti meglio. Sono rimasto colpito dal titolo che apprendo essere lo stesso di una celebre poesia di Jacques Prevert. Amo la lingua francese ma non i francesi!
E.S.
Caro Enzo
Lo spedisco per posta elettronica quanto prima, penso domani in mattinata.
16 marzo
Ho spedito il libro in word ad Enzo circa due ore fa e aspetto con una certa ansia il suo parere che nasce da una mente brillante e da un cuore sincero. Tengo molto a questo romanzo che mi ha dato una certa notorietà negli ambienti letterari dove, pare, sia stato accolto favorevolmente. Attraverso whatsApp, già mi manda a caldo i suoi primi commenti più che lusinghieri:
FINITO ORA! STRAORDINARIO!
Sei incredibile: hai dipinto i caratteri umani in modo fantastico e hai saputo tracciare molto bene i tratti maschili al punto che, in certi momenti, mi sono identificato con il protagonista Cesare Molinari. La comparsa improvvisa di Ginevra costituisce l’elemento più romantico del libro e la immagino come donna ponte che sa andare verso Cesare in spirito di accoglienza e amore.
Il romanzo mi ha preso totalmente e l’ho letto tutto d’un fiato in poche ore, rinunziando anche al riposino pomeridiano tanta era la curiosità di arrivare alla fine della storia. Trattandosi di un giallo, poi, non sai mai come può concludersi.
E.S.
Un giudizio più che positivo, dunque!
A questo punto mi sorge un dubbio e magari potrebbe sorgere anche a chi ci sta leggendo: non è che stiamo giocando a rimpiattino? Tu dici una cosa positiva di me ed io ti rispondo con la stessa cifra e viceversa?
No! Assolutamente no!
La nostra onestà intellettuale ce lo impedirebbe. L’amicizia si distingue proprio in quanto philos che, tra le tre gradazioni dell’amore con agape ed eros, è quello che ha maggior valore etico, quasi sacrale.
S.G.
16 marzo
Il nostro dialogo si amplia allorché Enzo mi racconta di una sua allieva e della storia di un ponte immaginato, vagheggiato, sognato ed infine realizzato proprio grazie alla tenacia e alla passione di questa giovane laureanda. Antonella Italiano, calabrese di nascita.
Perché scrive al suo professore, che cosa gli prospetta, che cosa chiede e quali sono le sue aspettative?
Mi piace, quando posso, affidarmi alle “carte”. Riporto perciò il carteggio tra Antonella e il suo professore per la tesi di laurea all’università eCAMPUS il cui esito sarà sorprendente per tutti!
S.G.
Buongiorno Professore,
Ho seguito le sue interviste e i suoi interventi sui giornali; leggerla e sentirla parlare di strutture come fossero opere animate, antropiche, mi ha aiutata a riprendere lo studio di argomenti scientifici, che sembravano estremamente distanti dalle mie passioni. Per chi non ha occhio tecnico, negli edifici, non è immediato discernere le scelte funzionali da quelle estetiche; mentre quando lei parla di ponti definendoli “strutture nude” i concetti della scienza e della tecnica delle costruzioni sembrano quasi materializzarsi.
Ho letto anche la lettera che ha scritto a papa Francesco, e del suo sogno di costruire ponti per abbattere le barriere umane. Le scrivo soprattutto per questo (…)
Leggendo Bridgescape ho trovato metafore splendide: dall’arcobaleno, al pontefice, all’unione di mondi. Ho letto del suo sogno, del sentiero battuto dai pellegrini che ad un tratto si perde risucchiato dai fianchi della montagna, lasciando pietre e lacerti. E poi, all’improvviso, un ponte.
Ma i significati più importanti di “ponte” li ho trovati dentro me stessa.
“Ponte” è l’inizio e la fine di ogni pensiero costruttivo. È comprensione degli altri. È la forza di urlare le proprie ragioni. È la verità assoluta che, in una terra come la nostra, assume spesso un ruolo secondario: è per timore di non cadere nel baratro dei fraintendimenti che molta gente preferisce non esporsi, non candidarsi alle elezioni, non avviare attività, lasciare la Calabria stessa. Ma se il ponte c’è, ed è stabile, allora prima o poi verrà percorso e l’ostacolo sarà superato. “Ponte” è sì verità, ma anche speranza. “Ponte” è uno stato d’animo, un’apertura al mondo e alle persone.
Ancora più in profondità…
spostando il ragionamento ad un livello superiore, un livello che consideri il problema dell’esistenza o meno di Dio: il ponte tra la Terra e il Cielo potrebbe essere il ponte tra l’uomo e la sua stessa utopia.
L’utopia è irraggiungibile “per definizione”: è in essa l’arcano, il mistero; ma l’utopia esiste; come l’uomo; e di esso muove il pensiero. Quindi abbiamo due sponde. Solide. L’uomo e la sua utopia.
E due sponde non sono forse sufficienti per costruire un ponte?
E se esiste “certamente” un ponte solido tra l’uomo e la sua utopia, allora esiste “necessariamente” un ponte solido tra la Terra e il Cielo.
Ho scoperto, dunque, che la vita non andrebbe sprecata dietro le domande, ma dedicata a costruire bene questa via. Alla fine di essa ognuno di noi ritroverà la sua metà del cuore.
Ed ho compreso, grazie a lei, che tutti i ponti sono possibili. Lo sono per definizione.
Antonella Italiano
A Lei Enzo Siviero così risponde:
“Leggendo e rileggendo questi due scritti mi sono convinto che dovevo vedere questi luoghi, per me già “magici”. Così approfittando di un passaggio istituzionale tra Sicilia e Calabria, sono passato tra il 12 e il 13 giugno 2019. Anche allo scopo di immergermi in questi luoghi che, detto per inciso, non mi erano del tutto estranei poiché mio nonno Agostino negli anni venti del secolo scorso vi aveva costruito una strada a Bova, presumibilmente quella, ormai dissestata, che porta ad Africo.
Inutile dire che l’accoglienza riservatami è stata a dir poco strepitosa. I vari scambi di idee. I colloqui approfonditi sui temi del Sud e della Calabria in particolare. Le interviste televisive. Tutto ha concorso a farmi sentire “a casa”, tanto che il sindaco mi ha proposto la concessione della cittadinanza onoraria di Africo, programmata per il 28 agosto. Ma vi è di più! Il polo didattico convenzionato con eCAMPUS si è rivelato una miniera di opportunità. Dall’imponente plesso didattico ormai in disuso fondato da don Giovani Stilo, non è difficile immaginare uno sviluppo che, riprendendo i successi del passato, possa evolvere in quella che presumo possa essere l’università della Locride.
Un disegno strategico di assoluto rilievo volto a radicare i giovani nei loro luoghi d’origine consentendo loro di studiare, come detto, “da casa”.
Un impegno sociale cui tutti dovrebbero tenere a partire dalla Regione Calabria. In fondo lo straordinario passato della Magna Grecia potrebbe essere il viatico più efficace per motivare le “genti” di questi incredibili luoghi a vedere il futuro non più nella rassegnazione del pessimismo, ormai, credo, fin troppo radicato nell’intimo delle coscienze, ma con una prospettiva di crescita collettiva . In tal senso anche il mio disegno “visionario” (ma non troppo…) di collegare l’Africa con l’Asia, dalla Tunisia passando da Sicilia, Calabria, Basilicata e Puglia (TUNeIT) all’Albania e Salonicco fino a Istanbul (GRALBeIT)”.
La seconda motivazione, a seguire, era l’inaugurazione dell’anno accademico del nuovo polo didattico eCAMPUS, in Africo, a poca distanza dal municipio, con il corredo dell’esposizione in anteprima e a sorpresa, della mia “terza” mostra THE BRIDGEMAN, dopo la prima ENZO SIVIERO IL TEMA DEL PONTE del 1999 e la seconda BRIDGING PONTEGGIANDO del 2009.
L’iniziativa universitaria di Africo, pur ancora minimale, è già un grandissimo successo. È stata ideata e condotta da Giandomenico Stilo, con il supporto di eCAMPUS, con una collocazione emblematica all’interno di una struttura a dir poco imponente e oggi, inopinatamente, pressoché abbandonata. Un plesso didattico che incredibilmente, molti anni addietro, ad opera dello zio, uno straordinario prete di Africo, don Giovanni Stilo, era miracolosamente sorto dal nulla! E poi come spesso succede in Calabria e non solo, letteralmente “demolito” nella sua funzione primaria, per faide politiche di bassissimo livello, da parte di uomini malefici, ma con la colpevole connivenza di una magistratura dai comportamenti ampiamente censurabili.
Solo dopo tanti anni di enorme sofferenza, quando ormai il più era distrutto, si ottenne la riabilitazione finale, quasi una “resurrezione” dopo il martirio. Troppo, troppo tardi la Cassazione ha ristabilito la verità di un impianto accusatorio del tutto inconsistente.
E infine, a chiudere in bellezza, invitato dalla Regione Calabria a partecipare all’evento “Gente in Aspromonte” nei giorni successivi 29 e 30 tra Africo Antico Rifugio Carrà e Bova Piazza Roma. Ecco quindi che, come d’incanto, ho rivissuto l’emozione dei ricordi aneddotici di famiglia. Questa volta dal vivo! Infatti proprio tra Bova e Africo, negli anni ‘20 del secolo scorso, mio nonno Agostino aveva costruito una strada! E io l’avevo appena percorsa! Un’emozione unica. Cosicché il sindaco di Bova Santo Casile, appena saputo di questa antica storia, che così da vicino riguardava la mia famiglia, prontamente mi ha inviato una apposita pubblicazione che illustra le fatiche di allora volte al futuro.
Un segno ulteriore, certo non casuale, che un secolo dopo, in queste terre della Locride e del Grecanico, Africo mi avrebbe accolto come cittadino onorario. Potevo ora a ben ragione definirmi io pure AFRICOTO! Sono diventato cittadino Calabrese.
E.S.
Mi sento molto vicina alla neolaureta Antonella per l’amore autentico che Ella nutre per la sua terra di Calabria, per molti versi assai vicina, non solo geograficamente, alla mia Sicilia.
In modo diverso anch’io mi sono impegnata e continuo a farlo per la mia isola tanto che, a un certo punto della mia avventura di narratrice, ho voluto dedicare ad essa un mio libro dal titolo davvero emblematico: CICIRI.RACCONTI DI TERRA DI SICILIA, Edizioni DEL RICCIO UNIPOP 2018.
Il libro è stato accolto dalla critica e dal pubblico con vera enfasi e ancora adesso mi si chiedono ulteriori presentazioni in giro per la Sicilia ma non soltanto. Voglio infatti riportarvi la recensione di un noto giornalista e scrittore, critico letterario e organizzatore di un Premio Letterario molto serio e apprezzato. Sto parlando di PIER LUIGI TAMBORINI, con cui sono entrata in contatto tramite facebook, a testimonianza che, se questo strumento di comunicazione viene usato correttamente, può rivelarsi di formidabile utilità.
Con Pier Luigi, in seguito, organizzammo un incontro a Palermo, durante una sua visita nella mia città dove vivo e opero e di cui Egli è dichiaratamente innamorato. La nostra collaborazione crebbe allorché Pier Luigi ci inviò alcuni suoi articoli da pubblicare su UNICULT, il blog letterario di UNIPOP di cui sono editor.
Ecco la recensione di Pier Luigi Tamborini, pubblicata in autunno su UNICULT
CICIRI RACCONTI DI TERRA DI SICILIA
di Sandra Guddo
a cura di PIERLUIGI TAMBORINI
Avete mai sentito parlare di scrittura a colori? Non sto parlando della grammatica utopica di Roland Barthes, ma di colori veri e propri, di odori, suoni, sensazioni, immagini forti, sapori.
E’ quanto mi è successo con i “ciciri”, vale a dire i ceci di Sandra Guddo. E mi è rimasto un dubbio che mi porterò dietro fino alla fine della recensione. I colori sono dovuti alla sua penna oppure all’oggetto del suo scrivere? Che poi in realtà è un soggetto, in quanto c’è una sola ed unica protagonista in questa storia, divisa in quattordici racconti, quella che Quasimodo definì in una sua poesia “la terra impareggiabile”, vale a dire la Sicilia.
Quindi noi partiamo da qui e siamo destinati a ritornare qui, in un viaggio nel tempo e nello spazio che ci porterà dai Vespri siciliani alla fine del ‘200 fino ai nostri giorni, poi ci lascerà guardare in diverse finestre dell’Ottocento per riportarci in un baleno all’attualità. Una giostra che non penso sia causale, ma voluta nell’ambizioso tentativo di rivedere la Storia da una prospettiva laterale e magari confrontarla con le contraddizioni di oggi. E’ un tentativo riuscito? La risposta come sempre la daranno i giudici più implacabili, vale a dire i lettori.
Ho avuto modo, in un passato recentissimo, di recarmi ancora una volta, sul set di questi racconti per cui credo di averli “respirati” con una maggior cognizione di causa. Ho avuto anche modo di conoscere, seppur in modo fugace, l ‘autrice. Quanto basta credo per averne colto l’intento. Credo che questo libro sia destinato a un pubblico quanto più allargato, ma che possa essere diretto soprattutto ai giovani perché è lì che si gioca il futuro ed il ruolo della memoria storica è fondamentale. Se non avessi saputo che l’autrice è stata un’insegnante forse l’avrei scambiata per una giornalista. Perché in un certo senso, trovo forte l’impegno didattico o il tentativo di fornire una mole impressionante di informazioni. Il tutto mischiando la realtà storica con la fantasia portando gli eventi importanti che abbiamo studiato sui libri ad una dimensione vorrei dire più “umana”, vista dalla prospettiva della gente semplice, qualcosa che avrebbe fatto la felicità degli annalisti francesi.
In questo mi sono sentito accomunato a Sandra perché in passato un’operazione del genere è toccata anche a me in un altro contesto. Perciò so quanto difficile sia sposare lo stile con la necessità di spiegare e raccontare fatti, usi, costumi (in questo caso parliamo anche di ricette culinarie), il tutto a discapito della fluidità del racconto. Problemi nei confronti dei quali il libro passa sopra accettando il rischio della “semplicità” a fronte di un risultato superiore. Per questo credo siano stati inseriti anche alcuni racconti che poco hanno a che fare con i fatto storici, ma penso con lo scopo di dare una leggerezza al tutto. E in questo modo alla fine si riesce a ricostruire e a capire l’architettura che la Guddo ha voluto imprimere alla sua fatica.
Ma, visto che l’autrice ci ha invitato su una giostra temporale ricominciamo dall’inizio e dal titolo. “Ciciri” non sono altro che i ceci, ma nel contesto storico in cui sono situati, il 1282, sono la parola d’ordine che può fare scoprire le spie angioine anche se sono travestite da veri siciliani. I francesi infatti hanno una esse strascicata difficile da mascherare e questo fu lo spartiacque per scoprirne l’origine. In mezzo a tutto questo una storia d’amore ci sta come il cacio sui maccheroni o come “u pitirri”,
il piatto che ha come base la farina di ceci.
E’ soltanto la prima portata di un pranzo molto abbondante che vedrà come commensali un climatologo che in un congresso nell’algida Danimarca vorrà per la prima volta tenere una conferenza in lingua siciliana. Oppure un brigante che la propaganda sabauda mostra come il peggiore dei criminali ed in realtà non è altro che una rivisitazione di un Robin Hood ad un’altra latitudine. O ancora la storia di un anello che attraversa due volte l’Oceano per poi tornare a casa, o i garibaldini “liberatori” secondo una chiave di lettura o capaci delle peggiori nefandezze secondo un’altra visione. Personaggi minori, come Angela Romano, una bambina, la cui innocenza non basterà a salvarla da un’accusa inesistente, o conosciuti come Ippolito Nievo, la cui fine, a bordo del piroscafo Ercole, ancora oggi è avvolta in un profondo mistero.
Un esperimento letterario, così qualcuno ha definito questo libro.
Un esperimento che però non è scevro da rischi. Il principale è che ci si trovi davanti ad un primo passo per raccontare qualcosa di difficile e complicato. Nel senso che c’è la concreta possibilità che il lettore, ancora affamato e bulimico, pretenda qualche altro piatto, non si limiti ad accontentarsi ma chieda di più. La Sicilia racchiude tremila anni di storia e di storie.
Perché ad esempio, non andare a scovare qualcosa che riguardi la setta dei Beati Paoli? Oppure qualcosa che riguardi la costruzione del teatro Massimo o del Politeama? O, andando ancora più indietro, entrare in qualche meandro della Cappella Palatina o finire addirittura a Segesta? E’ una bella sfida quella che si può lanciare e che spero venga raccolta. Il materiale non manca e di certo c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Ah, dimenticavo. Il dubbio sulla scrittura colorata che ci siamo portati dietro. Leggete il libro e quando sarete alla fine, avvolti da colori e sapori, vi accorgerete che in realtà forse si tratta soltanto di una domanda retorica o di un semplice dettaglio.
Pierluigi Tamborini, varesino di nascita, trevigiano d’adozione, ha iniziato la carriera giornalistica collaborando con la Prealpina. Nel 1976 è stato addetto stampa del Commissario straordinario per il terremoto in Friuli. Quindi ha lavorato per 30 anni nella redazione di Treviso del gazzettino. Scrittore eclettico ha pubblicato molti racconti per i quali ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Al suo attivo i romanzi” Il Barbiere di Treviso” , “ Il centroavanti triste” e “ Hotel Praga, la ragazza dell’universo accanto”-
E’ l’ideatore e l’organizzatore, insieme al comune di Casier, del concorso letterario “ Rosso d’inverno”. Fa parte del Comitato di Redazione del blog UNICULT- UNIPOPPALERMO UNIVERSITA’
A questo punto della nostra narrazione sembra che il percorso torni, come in un cerchio, al suo punto di partenza. Non a caso, ho voluto riferirmi alla figura geometrica del cerchio, che più delle altre, viene rappresentata come simbolo di perfezione.
Il ponte ne è la metafora: il Ponte di Messina la sua concreta rappresentazione!
Insieme abbiamo fatto un percorso tra passato, presente e futuro per entrare nel mondo di chi, come Enzo e come me, credono nella teologia del ponte.
In particolare, del PONTE UMANO.
Non più una semplice filosofia ma qualcosa in cui credere e spendersi per il bene della collettività ma anche per il nostro personale piccolo mondo che soltanto nella ricerca del proprio sé più autentico e nella comprensione del diverso da sé e dell’altro può trovare equilibrio come un ponte sospeso sul mare
- S.
Siamo arrivati alla fine del nostro percorso non senza prima avere aperto un altro spaccato umano e professionale che da nord a sud ci vede in prima linea nell’ impegno quotidiano sociale e civile, nella lotta contro l’ignoranza che è la madre di tutti i mali, nella divulgazione della cultura che sa confrontarsi concretamente con altre culture in un leale dialogoponte il cui fine è quello di unire non di dividere, di cercare quelle affinità che devono esistere pur nella necessaria diversità.
E così io, donna del sud, inevitabilmente diversa da Enzo Siviero, se non altro per genere, ho dedicato la mia vita agli studi e all’insegnamento nei licei e negli istituti professionali, appassionandomi alla scrittura e alla poesia, creando e organizzando incontri ed eventi culturali, sostenendo autori emergenti o attraverso la recensione di quegli scrittori che più colpivano i miei interessi. Così. Per esempio, è accaduto con il libro di Enzo: IL PONTE UMANO
La carriera di Enzo Siviero è costellata di soddisfazioni umane e professionali di cui abbiamo tentato di tracciare il percorso. Attualmente è il rettore dell’università telematica E-Campus, con la quale noi di Unipop collaboriamo da qualche tempo.
Insieme abbiamo lavorato su un progetto, unico nel suo genere, organizzato da Unipop: il FESTIVAL DELLA CANZONE POPOLARE SICILIANA: del 11 maggio 2019.
A seguire nel mese di ottobre 2019 un raduno di poesia e narrativa in lingua siciliana e italiana da cui è nata l’antologia PAROLE E PALORI.
Il 22 gennaio 2020 il Convegno sul viadotto Polcevera di Genova di cui ho riportato sopra la mia relazione, pubblicata su UNICULT e sulla rivista scientifica GALILEO . l’organo editoriale degli Ingeneri di Padova di cui Enzo è il direttore da molti anni.
Nello stesso anno , nel mese di luglio io ed Enzo, per un’incredibile coincidenza ci incontriamo a Letojanni per ricevere il Premio al Concorso Letterario ” Pace e Spiritualità” e, sorprendentemente , scopriamo di essere entrambi vincitori assoluti del primo premio: egli per la poesia ed io per la narrativa.
Ecco i testi:
Enzo Siviero
COME SEI BELLA
di SANDRA V. GUDDO
“Come sei bella oggi … hai qualcosa di speciale, qualcosa che prima non avevo notato!”
“Sono lusingata. Devo ammettere che sei un acuto osservatore: in effetti oggi indosso qualcosa di nuovo”. Civettò senza pudore.
“Fatti guardare meglio … girati, fai una ruota … ma certo: indossi un abito diverso. Più ampio e luminoso”.
“Azzeccato! E’ la seta a dare l’effetto del luminoso ma anche il colore verde pisello che mi rende fosforescente come gli occhi scintillanti dei gatti”.
“Sei tu la mia adorabile gattina, facciamo le fusa insieme … magari per gioco?”
“Sempre a provarci stai? Dammi ancora un po’ di tempo; devo capire meglio i miei sentimenti verso di te. C’è una grande confusione nella mia testa: a volte ti amo e altre ti odio ma tu, con il tuo comportamento, non mi aiuti affatto: a volte sei furioso e altre un vero paladino cortese”.
Orlando incassò la risposta senza replicare, colpito dalla verità di quelle parole che trafiggevano il suo petto come lame affilate. Cercò di apparire sicuro di sé.
“Fatti guardare meglio: sbaglio o hai messo un nuovo rossetto sulle labbra e un ritocco sulle sopracciglia che le rendono più folte?”
“Madre natura mi ha fatto così!” replicò seccata per l’insinuazione che peraltro corrispondeva alla verità. Tutta la mattinata era stata con Mimì che l’aveva pettinata, truccata e agghindata come una principessa della corte del re di Francia. Sapeva di essere affascinante e di esercitare su Orlando il potere misterioso e magico della seduzione. Orlando era innamorato di lei da sempre, da quando l’aveva vista per la prima volta in una tiepida mattinata di primavera.
La natura allora era benevola con gli uomini ed elargiva con generosità i suoi doni.
Ricordava perfino i profumi che si espandevano nell’aria: il finocchietto selvatico e le ginestre spandevano aromi inebrianti che si mescolavano con quelli del rosmarino, del mirto e di una miriade di altre piante aromatiche che, in passato, erano state per gli operosi abitanti del borgo una vera riserva alimentare e medicamentosa. Ricordava la gente che si affollava per le strade al loro passaggio e infine si riuniva festosa per assistere allo spettacolo all’aperto che la sua compagnia teatrale offriva in cambio di qualche spicciolo o di qualche dono. Un uovo, un sacchetto di noci, una conserva di pomodoro fatta in casa o di sardine sotto sale. Poca roba ma che per loro era una vera manna dal cielo. Mimì, il puparo, maestro nell’arte di muovere e far recitare le marionette, era accorto e sapeva gestire la piccola e sgangherata compagnia teatrale con saggezza.
Orlando rimpiangeva quei tempi di allegria e spensieratezza ma era certo in cuor suo che, prima o poi la peste del terzo millennio, frutto della globalizzazione, sarebbe passata e il sole sarebbe tornato a risplendere più luminoso di prima come dopo una tempesta. Quello che proprio non riusciva a mandar giù, come se si trattasse di un boccone indigesto, consisteva nel nome che era stato assegnato al virus che tanta sofferenza stava arrecando a tutte le genti senza distinzione di latitudine né di longitudine. CORONA!
L’unica corona di cui avrebbe voluto parlare era quella che desiderava appoggiare sui morbidi capelli della sua dama per renderla degna del posto che le spettava in società per diritto divino. Lei era l’incarnazione stessa della regalità e della sacralità!
Angelica lo osservava di sottocchio: non voleva ammettere che anche lei subiva il suo charme. La sua armatura scintillante, la sua spada tagliente almeno quanto il suo fraseggiare la affascinavano. Coraggioso e leale, affrontava impavido ogni imprevisto,
ma adesso un pericolo insidioso si presentava invisibile e silenzioso. Le armi di Orlando sarebbero state sufficienti per contrastarlo?
Il burattino sembrò leggerle nel pensiero: “Mia amata, ti proteggerò da ogni male e farò di te la regina del mio cuore: con tanto di corona sul capo!”
Angelica non rimase impassibile a quella ulteriore dichiarazione d’amore e capì che non sarebbe riuscita a resistergli ancora a lungo.
“Stanotte vorrei restare con te, mi sentirei più al sicuro!” ammise infine con un fil di voce, come le capitava quando l’emozione le bloccava le parole in gola creando un groviglio di sensazioni che le facevano battere il cuore tumultuosamente.
“Mia amata, da tempo desideravo ascoltare dalle tue labbra queste parole! Ma ho sempre creduto che alla fine l’amore avrebbe trionfato e sconfitto i tuoi dubbi e le tue esitazioni”.
Angelica abbassò lo sguardo mentre le sue guance lignee sembravano tingersi di rosso. Ma forse era soltanto effetto della luce del tramonto!
Intanto Mimì rientrava fischiettando. Era stato uno dei più bravi cantastorie e burattinai della Sicilia ma, forse per stanchezza, aveva perso il suo smalto e tirava avanti con rassegnazione. Sempre gli stessi copioni che Angelica e Orlando non avevano più voglia di recitare!
I due pupi si sorpresero: da tempo non lo vedevano così di buon umore. Cosa poteva avere cambiato la sua disposizione d’animo?
“Orlando, Angelica, ho scritto per voi due una nuova scena che vi farò interpretare appena tutto sarà rientrato nella normalità … vi piacerà, ne sono certo! Da tempo avrei voluto creare una nuova storia con dialoghi più intriganti ma non ne avevo mai avuto il tempo e, adesso che tempo ne ho da vendere, ne ho approfittato”.
Orlando, in cuor suo, sperava che Mimì avesse inserito nel nuovo copione una scena d’amore, almeno una! Avrebbe potuto così respirare il respiro di Angelica, sintonizzare i battiti del cuore con il suo, stringerla forte a sé e sussurrarle a fior di labbra il suo amore, coprendola di baci fino allo sfinimento. In fondo erano secoli che aspettava!
“Non tutto il male viene per nuocere” considerò infine Mimì mentre sistemava con cura le marionette; doveva ammettere che quel virus maledetto aveva in sé qualcosa di buono di cui gli uomini avrebbero dovuto fare tesoro quando se ne sarebbe andato!
Aveva avvicinato gli uomini e le donne tra loro nel comune sentire della solidarietà, aveva regalato loro il tempo per vivere la quotidianità in modo diverso e più intimo insieme alle persone che si amano.
Più tempo per alimentare svaghi e passioni nuove o abbandonate, hobby dimenticati, oppure, per inventarsi nuovi giochi e rendere la vita più leggera e, in fin dei conti, migliore.
Per comprendere fino in fondo la nostra spiritualità e far volare la nostra anima più in alto, per iniziare un dialogo interiore con il proprio Sé, rinchiuso nel cono d’ombra delle proprie incertezze e fragilità, per farlo volare più in alto.
Per scoprirsi poeti che sanno ancora apprezzare la vita e le sue meraviglie, la natura e le sue bellezze, l’infinito e i suoi silenzi.
SANDRA VITA GUDDO
Una collaborazione costruttiva che ci auguriamo tutti possa continuare grazie anche all’intervento mirato della dottoressa BRUNA CASTELLO. presidente dell’E-CAMPUS di Palermo che ringraziamo sentitamente. Infatti, il 28 settembre 2021 saremo io ed Enzo suoi graditi ospiti nella prestigiosa sede di via Principe di Belmonte per presentare la mia nuova opera “GRAMIGNA STORIE DI GENTE DI SICILIA”
E sarà proprio il Rettore Enzo Siviero a condurre il dialogo insieme a me , in qualità di autrice del libro, all’interno della convincente rubrica dedicata alla presentazione di libri .
Ho già riportato la recensione di Enzo da cui ho estratto un passo che mi è particolarmente gradito sul racconto ” Matrimonio a Corleone” pubblicandolo sulla quarta di copertina, in modo tale che , fin da subito, saltasse agli occhi.
Matrimonio a Corleone! Già il titolo evoca non poca curiosità, per non dire notevoli aspettative e più di qualche interrogativo. Ebbene finalmente viene frantumato il negativo di questo nome per riportarlo alla sua vera identità positiva che pochi conoscono con suoi intrecci umani uniti ad una puntuale lettura del luogo. Sandra Guddo sa, ad un tempo, entusiasmare e riflettere. Fa conoscere ciò che si intuiva. Riesce a dar voce ai vinti facendoli diventare i veri vincitori. La vita vera sono loro, con il problema atavico della sopravvivenza che nei vari racconti fa emergere eroi comuni, straordinari nella loro quotidianità.
Enzo Siviero
Chissà, a questo punto, quali nuove occasioni di confronto ci attendono. Per adesso, resto concentrata sulla data del 28 settembre … poi si vedrà!
CONSIDERAZIONI
Arrivati sulla dirittura d’arrivo, io ed Enzo, ci chiediamo, se la forma narrativa da noi proposta sia stata efficace e gradevole.
Mi sono eletta come voce narrante per collegare il materiale che volevamo proporre e che abbiamo selezionato da una marea di scritti che siamo riusciti, in settori diversi ma complementari, a produrre nel corso delle nostre carriere. Così settori di conoscenza che sembrava non avessero punti di congiunzione: studi classici da una parte e studi tecnico-scientifici dall’altra hanno mostrato quanto invece il Sapere sia un unicum nel quale potersi muovere e districare con l’umiltà di chi è consapevole della propria ignoranza.
Quanto siamo riusciti ad esprimere al meglio gli intenti ora sottesi, ora dichiaratamente esplicitati nel DIALOGOPONTE
Qualche dubbio sorge ed è naturale che sia così dal momento che ci troviamo davanti ad una silloge che mescola diversi generi narrativi, passando con disinvoltura dalla prosa alla poesia, dalla forma diaristica a quella epistolare, dal racconto alla scrittura scientifica e divulgativa.
Ma per noi, tutto ciò è secondario in quanto è stato il concetto di cultura come sistema integrato dei Saperi che ci ha guidato per condurci infine ad una sintesi dove a prevalere sullo scontro è stato l’incontro.
Sandra e Enzo
ENZO SIVIERO
Nasce a Padova nel 1945. Consegue la laurea in Ingegneria civile e in Architettura. Professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni e Docente di Ponti alla scuola di Architettura di Venezia. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti negli atenei nazionali e internazionali, tra cui Tongji di Shanghai e Fuzhou in Cina. Relatore di oltre 700 tesi di laurea, da tempo promuove la sinergia tra materie umanistiche e scientifiche nella professione, nella ricerca e nell’insegnamento.
Direttore di collane scientifiche autorevoli nell’ambito dell’Architettura Strutturale, da oltre 25 anni dirige la rivista Galileo di cui è fondatore. Membro attivo di RMEI, è riconosciuto come progettista di ponti tra i pochi capaci di coniugare l’architettura tra design e paesaggio. La sua mostra PONTEGGIANDO-BRIDGNG è stata ospitata in decine di sedi italiane ed europee e dalla Turchia all’India, dalla Cina all’America.
Rettore dell’università eCampus, Vice Presidente SEWC, Deputy Secretary General EAMC.
Editorialista, scrittore e poeta, autore de: Il ponte Umano, da cui è tratto il brano proposto.
SANDRA GUDDO
Nata a Palermo dove vive ed opera, si è laureata in Filosofia con il massimo dei voti e pubblicazione della tesi di laurea in Filosofia della Storia, per poi ottenere la specializzazione in Scienze Umane e l’abilitazione per la docenza di Italiano e Storia e di materie letterarie e latino negli Istituti Superiori dove ha insegnato fino al recente pensionamento. Dal 1991 al 2001 è stata convolta dal MIUR nel progetto ministeriale contro la Dispersione Scolastica come psicopedagogista.
Scrittrice, poetessa, saggista e critico letterario, ha ottenuto diversi premi e riconoscimenti per le sue opere: Tacco 12 Storie di ragazze di periferia (2014), Le Geolier (2016), Ciciri Racconti di terra di Sicilia (2018), che ha meritato l’attenzione di noti critici letterari in tutta Italia. Nel 2017 ha ottenuto il Premio Universo Donna e 2018 ha ottenuto il Premio alla carriera “ Maria Costa” e, nel 2020 il Premio alla cultura.
Nel 2020 pubblica la silloge poetica Amo il Chiaroscuro ( Ed. Del Riccio Unipop).
Inserita in prestigiose giurie, collabora con diverse riviste specializzate. Organizza eventi e conduce Corsi di Scrittura Creativa e di Lettura ad alta voce e di note rubriche radiofoniche. Presidente emerita della Università Popolare di Palermo, è attualmente editor del blog “Unicult”,
Di recente pubblicazione l’opera “GRAMIGNA STORIE DI GENTE DI SICILIA” che verrà presentato presso la sede di Palermo di E-Campus il 28 settembre c.a.