“Che cosa è la Scrittura Creativa?”
Questa è la prima domanda che mi pongono gli “allievi” che frequentano i miei corsi.
La seconda è
“Come posso imparare a scrivere bene? Cosa devo studiare?”
Tutte domande che nascono dalla totale disinformazione, dovuta al fatto che in Italia la Scrittura Creativa non è mai entrata nelle Università o nei licei se non sotto forma di brevi corsi, su progetti extracurriculari, attivati per la buona volontà di qualche docente più illuminato.
Per il resto siamo all’anno zero!
E poi assistiamo costernati alla presenza di un piccolo esercito di laureati che non sanno esprimersi se non con gravi carenze linguistiche anche di carattere grammaticale.
La Scrittura Creativa è invece presente in modo significativo nei collage e nelle university americani e inglesi. Nel tempo ciò ha dato i suoi frutti, tanto che, dalla seconda metà del millenovecento ad oggi, siamo inondati da scrittori angloamericani che hanno sfornato una serie di bestsellers di fama internazionale.
Ecco alcuni esempi: Ernest Hemingway, Philip Roth, Dan Brown, Ken Follett, Stephen King, Francis Scott Fitzgerald, John Steinbeck, T.S. Eliot, David Foster Wallace, Harper Lee, e potrei continuare …
Tutto ciò grazie al fatto che il pedagogista americano John Dewey ( 1859-1952), fervente sostenitore del pragmatismo e dello strumentalismo come asse portante del processo di insegnamento- apprendimento, promulgava il principio del fare che, sinteticamente, porta al principio educativo” Se vuoi imparare, Fai!”
Nel nostro caso” Se vuoi scrivere, Scrivi!” come non c’è altro modo di imparare a nuotare se non nuotando. Ovviamente, sulla scorta di indicazioni didattiche strutturate in unità che potranno poi essere immediatamente applicate alla pratica.
Non ci stupisce dunque che lo stesso Ernest Hemingway (1899-1961) abbia frequentato corsi di scrittura creativa, prima di partorire i suoi capolavori letterari. E, come lui, tanti altri scrittori statunitensi hanno frequentato con profitto tali corsi, condotti da docenti di chiara fama. Non docenti, semplici laureati in letteratura, ma scrittori essi stessi.
Personalmente insisto su questo punto, non soltanto perché mi considero, a torto o a ragione, una scrittrice e in quanto tale conosco per esperienza personale quanto sia sofferta la strada della scrittura creativa, ma anche perché, ogni tanto leggo, di corsi di scrittura creativa condotti da fatiscenti personaggi che non hanno mai scritto un solo libro. E poi scopro che nella vita fanno tutt’altro e che, presumibilmente, a parte i testi scolastici, non leggono libri di narrativa.
Ora si impara a scrivere se si impara a leggere! E non mi riferisco ovviamente alla lettura tecnica ma a quella comprensiva, riflessiva ed estetica. L’ultimo grado di lettura!
Non a caso, ripeto costantemente ai miei allievi di leggere un libro a piacere soltanto per il piacere di leggere, accanto a quelli da me consigliati.
Scoprire insieme le tecniche di letto-scrittura per poi costruire testi in cui le varie sequenze narrative si alternino alle altre tipologie di sequenza, in modo fluido ed armonioso per creare infine un testo gradevole.
Alternare alla narrazione dei fatti, esposti in modo lineare secondo un prima e un dopo, oppure, ricorrendo alla tecnica del flash back o alla sovrapposizione di piani espositivi, le sequenze argomentative per sostenere un punto di vista anziché un altro.
Così lo scrittore smagato sa di poter ricorrere ad altre sequenze per creare un testo vario e niente affatto noioso. Di fondamentale importanza sono le sequenze descrittive di luoghi e paesaggi, di persone e oggetti, di atmosfere e ambienti particolari per contestualizzare in modo plastico tutto ciò che è oggetto del racconto.
Ciò si conquista gradualmente, a meno che non ci troviamo di fronte ad un talento naturale, ma infine anche questi geni della scrittura necessitano di una regolatina tanto è vero che lo stesso Hemingway ha frequentato corsi di scrittura creativa.
Ma non basta!
Bisogna sviluppare in modo totale la capacità di guardare al mondo esterno con occhi nuovi, di osservare i minimi dettagli in modo poi da poterli raccontare con tale veridicità da mettere il lettore in situazione.
E ciò non è ancora sufficiente!
Bisogna imparare a guardarsi dentro per scoprire il mondo delle emozioni per sviluppare la quella particolare capacità che io ho definito di introspezione-descrizione.
Questa è la parte più difficile. Quanti sono disposti ad andare oltre il quotidiano, costruito su piccole e grandi certezze, per rivolgere il proprio sguardo nel sommerso che è dentro ciascuno di noi, alla scoperta del proprio Sé più autentico?
Quanto impegno occorre per imparare a leggere percezioni, vibrazioni, sentimenti, emozioni e, come mi piace affermare, echi di infinito che ci raggiugono soltanto se abbiamo abbassato le nostre difese e siamo disposti ad accogliere e raccontare?
Ci accorgiamo allora che una storia, qualsiasi storia, ruota attorno alle 31 funzioni delineate con maestria dal linguista e antropologo russo Vladimir Propp ( 1895-1970).
In una storia c’è sempre un protagonista che di solito viene presentato come l’eroe coraggioso che lotta contro il male per raggiungere e realizzare il suo scopo nobile e giusto. In tali imprese, il protagonista potrà agire da solo o coadiuvato da uno o più aiutanti.
A lui si oppone però l’antagonista il cui principale obiettivo sarà quello di contrastare con ogni mezzo tutte le azioni o funzioni dispiegate in campo dal suo avversario per la conquista di una persona, di un bene, di un sogno. Da ciò ha origine la trama e l’intreccio narrativo la cui validità scaturirà non soltanto dalla storia in sé ma dall’abilità dello scrittore nel raccontarla che dipende dalla sua maturità espressiva.
Si deve comunque ammettere che, in passato, narrare una storia era più semplice di oggi. E ciò perché mentre una volta il Bene e il Male erano nettamente separati, il Bianco e il Nero inconfondibili, oggi invece ci troviamo difronte a storie e personaggi in Grigio dove il bene e il male si confondono in un chiaroscuro inquietante.
Lo stesso discorso vale per il genere letterario. Prima era più facile catalogare un romanzo in base al genere letterario corrispondente. Il romanzo storico, quello rosa o giallo, il romanzo di avventura o di fantascienza.
Attualmente anche i generi si confondono e il romanzo storico può diventare anche un appassionata love story o altro ancora.
La spiegazione, se ce ne fosse bisogno, ci giunge dal filosofo e accademico polacco Zigmunt Bauman. La nostra è una società liquida che si oppone alla società solida di una volta. Nell’età del post-modernismo, nella quale ci troviamo a vivere, tutto appare senza contorni ed estremamente effimero.
La precarietà domina tutti i rapporti da quelli strettamente privati che si manifestano nel rifiuto dell’assunzione della responsabilità personale, ai rapporti di lavoro caratterizzati da contratti a termine che non consentono ai giovani del terzo millennio di potere fare progetti a medio e lungo termine.
Sic est!
A questo punto credo di avere risposto, in linea di massima, alla seconda domanda che ci siamo posti all’inizio. Per quanto riguarda la prima credo che chi si avvicina alla scrittura creativa abbia trovato la risposta.
La sua personale risposta!
Restano, tuttavia, ancora molti punti oscuri da chiarire a cominciare dal concetto di creatività che, inevitabilmente ci porta ad analizzare il pensiero creativo, che altro non è, in termini neuropsicologici, che il pensiero divergente. Esso non si accontenta di risposte scontate e banali, che seguono il semplice ragionamento logico del pensiero convergente ma va oltre per cercare nuove soluzioni e schemi del tutto imprevedibili.
Il cosiddetto colpo di scena o il finale a sorpresa che spiazza il lettore, che lo coglie impreparato e lo affascina. Niente rende la lettura più piacevole che trovarsi difronte a un fatto inaspettato in quanto ciò aiuta la fantasia a galoppare e a percorrere i sentieri dell’ignoto e della conclusione tutta da scoprire!
Problem solving, qualcuno lo chiama che allena la mente e arride al cuore!
La creatività contro la logica prevedibile ed esatta ma fredda e distante dalle emozioni. John Dewey capì tutto ciò e, sebbene non esorcizzasse la logica con i suoi ragionamenti, utilissimi per orientarci nel mondo reale, comprese che nelle scuole, bisogna impartire ai bambini e ai ragazzi la creatività e il linguaggio delle emozioni.
Qualcosa in tal senso è stata fatta e nei programmi sono stati inseriti esercitazioni che inducono il bambino a descrivere, anche con l’ausilio di immagini, i suoi stati d’animo. La faccina triste che si contrappone a quella sorridente, la rabbia e la serenità, la gioia e il dolore, il consenso e il dissenso.
Ma si è esagerato, tanto che adesso si commenta o si risponde a un messaggio telematico utilizzando le emoticon stereotipate che si trovano in dotazione ai nostri cellulari o tablet a scapito della scrittura!
La scrittura creativa è altro; richiede un impegno totale alla scoperta delle emozioni che, in ultima analisi, sono quelle che guidano tutta la nostra vita e che inevitabilmente ci riconducono al principio della vita o al suo opposto: il principio della morte. La lezione di Sigmund Freud è fondamentale per leggere tutti i rapporti umani: Eros e Tanatos sono le pulsioni fondamentali attorno a cui ruotano tutti gli altri sentimenti che, in ultima analisi, sono figli ed eredi della forza dell’Amore o della forza dell’Odio.
Restano in disparte l’oblio e l’indifferenza che si conquistano con fatica fino ad arrivare al principio dell’atarassia di cui parlava il filosofo greco Democrito e, dopo di lui, le scuole postaristoteliche stoica, epicurea e scettica.
La Scrittura creativa non utilizza il linguaggio professionale, né quello accademico, né quello tecnico o notarile. Rifugge dal linguaggio burocratico e perfino da quello giornalistico. Il linguaggio creativo è linguaggio emozionale, come ben ci insegna Italo Calvino, nelle cinque conferenze americane che avrebbe dovuto tenere all’università di Harvard nell’anno accademico 1985-86, ma che un ictus, sopraggiunto poco prima nella notte tra il 18 e 19 settembre, gli impedì fatalmente.
Chiunque voglia intraprendere il percorso della scrittura creativa non può non tenerne conto e trascurare le indicazioni che Calvino suggerisce. Indicazioni che nascono dalla sua notevole esperienza di scrittore, vere ed utili perché vissute in prima persona: leggerezza, velocità, correttezza, visibilità, molteplicità, coerenza e consistenza. Voglio riassumerle così come le ho interpretate e vissute secondo la mia personale esperienza di scrittura creativa.
Certo che scrivere è terapia, è voglia di sopravvivenza. E’ come ritornare a casa!
Se è vero, come ci chiarisce, Jacques Lacan che il linguaggio è la casa dell’uomo e che solamente nella parola si può trovare rifugio.
Il linguaggio è il luogo dove è possibile vedere la propria immagine, come riflessa allo specchio in cui il significante, rivolto all’Altro, acquista significato e, confermando la propria identità, consente di ri-conoscersi.
Riconoscersi per ritrovarsi e ricostruirsi come via di salvezza in opposizione alla dissoluzione dell’io, ontologicamente fondante, in atto in modo strisciante nella società globalizzata e spersonalizzata del terzo millennio!
Sandra Guddo
Aprile 2020