Palma Civello, Come tela di Penelope, Ed. Del Poggio
A cura di Francesca Luzzio
Il titolo, Come tela di Penelope, ripropone quello della prima poesia e racchiude in sé il senso di tutta la silloge: la vita in genere, la vita della potessa nello specifico è come tela di Penelope, ma questa mitica donna, emblema dell’amore nell’odissea omerica, nella silloge è divina o casuale?…non si sa, ma di fatto sia essa metafora di entità divina o del caso, di fatto la vita segue sempre il suo corso: tu, come Penelope, cuci, cerchi “ancore, ormeggi,\ funi forti e nodose \ a tenere saldo ciò che sta sfuggendo \ o ad afferrare ciò che s’intravede” (in Come tela di Penelope, pag. 15), ma è tutto inutile, tutto scorre, va , “panta rei” per dirlo con la nota asserzione eraclitea, ma in questo flusso, qualcosa di stabile, di attaccato ad un grande e saldo scoglio c’è : è l’ amore di cui Penelope, come si è già detto, è emblema e per il quale lei non cessa mai di cucire e scucire la sua tela per ingannare i Proci. Palma Civello, nuova Penelope, trova anche lei nell’amore per il suo uomo, la forza propulsiva del vivere e non è un caso che, nonostante il trascorrere incessante del tempo, nonostante la dimenticanza celi ormai molte cose è ”… inciso nel cuore \ quel primo battito soltanto tuo \ e quel primo bacio sfiorato” ( Di vita e d’amore, pag. 37). Di conseguenza la concezione bergsoniana del tempo come durata, se non ha valore per la poetessa nel considerare i vari accidenti eventi della vita, ormai dimenticati, ha profonda e sublime significazione nell’ambito dell’amore per lui che si nutre sempre e vive e vive sempre nel suo io, condizionando ieri come oggi il suo agire e “guardando nei suoi occhi,\ non teme tempeste \ o rughe o venti pungenti” …\ ….\ …Cupido \ ha scagliato quell’unica freccia \ mai più sradicata \ e sempre più sprofondata.”( in Di vita e d’amore, pag.37).
Ma l’amore che nutre l’animo della poetessa non va inteso in senso restrittivo, rivolto solo a lui, infatti esso si estende e si espande ed abbraccia progressivamente i familiari, la società, il mondo e in questo suo espandersi , al di là di ogni volontà di saggia resistenza non può non trasformarsi in sofferenza, rabbia talvolta, nello scoprire il male che c’è nel nostro pianeta, sì da indurla “a gridare al tempo \ le sue infamie \…, a scoprire e sconvolgere“… le carte contraffatte \…le regole sbagliate\…”( Saggia follia, pag.35). E in questa amara consapevolezza diventa forte il bisogno di solitudine e silenzio, che prega, implora perché esso torni “… a lenire i bruciori e le vampe \ che s’alzano alte \ e urlano al cielo \…” e le parli “… con voce suadente,\….”(Preghiera al silenzio, pag.68). Ma noi donne siamo sempre capaci di ritrovarci di ritrovare l’energia vitale “… perché l’impeto e la forza \ di un soffio inafferrabile vivono …” in noi e siamo creature in cui c’è “un universo ancora da scoprire, infatti racchiudiamo in noi il meglio di tutte le stagioni di “ … tutto ciò che di bello, affascinante \ e forte esiste” ” ( Universo donna), ma perché tale vigoria si possa esprimere, bisogna che il Signore navighi con noi, infatti è solo Dio che può “indicare la giusta direzione”, che può “cambiare i cuori \ e, prendendoci per mano, \ fare attraversare ogni strada \ ed ogni uragano,…” ( Navigare insieme, pag.46). Potremmo ulteriormente dilungarci nell’analizzare il poliedrico contenuto della silloge di Palma Civello che dalla vita e dalla sua vita, dal mondo e dal suo mondo trae linfa vitale per cui possiamo sicuramente dire che come Vivian Lamarque ci propone mini-racconti in versi, pervasi da una tensione ossimorica, dove amore e sofferenza coesistono in uno spazio mentale che non anestesizza affatto l’emozione,ma la restituisce con profondi affondi verbali che solo l’ispirazione poetica riesce a trovare e ad imprimere sulla carta bianca, infatti la poesia “ Arriva quando il cuore \ è in piena \ e straripa di onde sfiancate \ …\ Arriva quando un urlo \ non può trovare la sua strada \ …\ Ed è conforto, \ è compagna amabile…\…” ( La poesia, pag.77) e concludiamo è catarsi dell’anima , sublimazione dell’io.
I versi sono liberi da ogni deliberata costruzione formale,ma pur nella loro emancipazione espressiva,presentano una piena misura ritmica che dà consistenza all’essenza, scandita attraverso una sintassi e un lessico sobri, ma plastici e visivi nell’immaginifico, grazie anche a frequenti strofe caratterizzate da climax ascendenti o da versi e parole anaforici che nella loro iterazione danno oggettivazione quasi fisica alla semantica del testo.
Francesca Luzzio