Recensione a “ Ciciri Racconti di terra di Sicilia “ di Sandra V. Guddo, ed. Del Riccio 2018
tratta dalla presentazione della Dr. Margherita Giacalone,
Direttrice della Biblioteca Fardelliana di Trapani
2018 / settembre 28
Stasera parleremo di Ciciri: infatti è questo il titolo del libro che ora andiamo a presentare.
Vorrei iniziare proprio leggendovi un passo tratto dall’opera di Sandra Guddo “Ciciri Racconti di Sicilia”, per assaporare un po’ il contenuto del libro, non dico la trama. Non si tratta, infatti, di un romanzo ma di una raccolta di racconti, come si evince dallo stesso titolo del libro che, tra l’altro, ha una bellissima copertina. Del resto tutta la veste grafica è particolarmente ben curata. Mi complimento con chi l’ha realizzata.
Non mi perdo più in parole e passo subito alla lettura del brano tratto dal racconto “La rivolta della Gancia “Il suo cuore ormai palpitava d’amore per Vanni, incontrato per caso proprio nel vasto cortile della Gancia mentre usciva dalla bottega del fontaniere Francesco Riso. I loro sguardi si erano incrociati per una manciata di secondi, sufficienti a trafiggerle il cuore. Lo aveva incontrato il giorno dopo, e poi quasi quotidianamente, finché lui decise di rompere il silenzio: “Saridda i miei pensieri ti appartengono, il mio cuore è tuo. Vuoi amarmi?”, e mentre lo diceva si portava la mano al petto. Saridda notò che le sue mani erano levigate, le dita lunghe e affusolate proprie di chi non è abituato a lavorare.
“Come fai a conoscere il mio nome? bisbigliò mentre avvampava per l’emozione e per il timore che conoscesse la verità. Lei si riteneva una persona squallida che, per sopravvivere e assistere l’anziana madre, aveva ceduto alle attenzioni di frate Antonino. Saridda aveva sempre pensato solo a sé stessa, a tirare avanti come meglio poteva tra inganni e sotterfugi, tra menzogne e cattive azioni tra le quali quella che più le pesava era la relazione con Antonino. Per lui non nutriva alcuna attrazione, semmai rassegnata sopportazione.”
Ecco …ho scelto questo passo perché il personaggio di Saridda – come dicevo, pochi istanti prima di iniziare, alla mia amica Sandra Guddo – tra tutte le figure femminile, tutte importanti nei vari racconti in cui si snoda la raccolta, tutte ugualmente ben tratteggiate, è quello che, per la sua complessità e per i diversi risvolti della sua personalità, mi ha colpito maggiormente e poi perché la vicenda narrata, come spesso accade nelle storie di amore e morte, mi ha coinvolto emotivamente e, persino, commossa alla fine della lettura.
Naturalmente non è mia intenzione svelarvi la trama di tutti i racconti ma è doveroso mettere in evidenza alcune caratteristiche fondamentali: in primo luogo non si può non constatare che siamo di fronte a un libro ben equilibrato in tutte le sue parti, in quanto l’autrice ha saputo sapientemente bilanciare i racconti che hanno uno sfondo storico ben preciso, con una attenta ambientazione e con personaggi storici realmente esistiti, con altri di pura fantasia. Ci sono, pertanto, diversi piani di narrazione che, però, non risultano a sé stanti: con sapiente arte, la Guddo, infatti, ha saputo abilmente tessere le varie storie tanto che è possibile rilevare una voce narrante che lega bene tutti racconti, che alla fine compongono, a ben vedere, un “unicum” organico e ben strutturato.
Personalmente quelli che mi hanno maggiormente entusiasmata sono i racconti storici con fatti e personaggi realmente vissuti, poiché, per la mia formazione culturale, sono un’appassionata di storia, senza nulla togliere agli altri racconti che, ambientati in tempi più recenti, affrontano, nelle sue varie sfaccettature, il tema del male di vivere: infatti ci sono storie che trattano, in particolare, di giovani donne alle prese con la loro evoluzione dall’adolescenza all’età adulta. Soprattutto in queste trame è possibile cogliere lo sguardo attento della scrittrice che, in passato, è stata una docente di lettere che non ha trascurato gli aspetti educativi a scapito di quelli strettamente didattici e che rivela di conoscere a fondo i problemi adolescenziali.
Il primo racconto “Ciciri” è quasi un romanzo breve perché si snoda per diverse pagine ed è quello che dà il titolo a tutta la raccolta. La vicenda narrata trae spunto ed ispirazione dalla guerra del Vespro siciliano. Sono stata piacevolmente sorpresa quando ho letto che l’episodio storico della rivolta del 1282, in quella feroce lotta che si scatenò tra siciliani e francesi, non è narrato da un siciliano, come tutti ci aspetteremmo, ma da un oppressore francese: il soldato Paul Dubois. Da qui si rileva che c’è un’altra visione di questa vicenda, diversa da quella narrata dalle pagine della storia ufficiale. La voce narrante è quella di un povero contadino, figlio di contadini che, per sfuggire ad una vita grama – anche a causa dei cattivi rapporti con il padre – decide di arruolarsi nell’esercito di Carlo D’Angiò, e, una volta arrivato in Sicilia, si innamora della nostra terra e di Romilda, una bella popolana, figlia di un oste palermitano. Si innamora, in particolare, della città di Palermo, così ben descritta da Sandra Guddo: una Palermo splendida, con suoi colori, gli odori che si respirano nei vicoli tra cui, inconfondibile il profumo del “pitirri” piatto a base di farine di ceci, che Paul aveva mangiato, da bambino, in Francia.
Il giovane confessa di vergognarsi del comportamento dei suoi stessi connazionali che non mostrano alcun rispetto per la popolazione locale, anzi compiono angherie di ogni genere e recano offese a tutti i siciliani e, in particolare, alle donne che, invece, il giovane adora. Così Paul Dubois decide di non essere più un odioso angioino ma uno di noi. Per diventare siciliano ha un difficile ostacolo da superare: lo shibboleth. Il giovane deve riuscire a pronunciare correttamente la parola “ciciri”, così come farebbe un vero siciliano senza incorrere nella pronuncia francese della parola in oggetto. Dopo molti tentativi ed estenuanti esercitazioni, aiutato dalla bella Romilda, Paul riuscirà ad ingannare i rivoltosi che, altrimenti, lo avrebbero ucciso, e a farsi passare per uno di noi, anche grazie alla sua carnagione scura e ai suoi occhi neri.
Alla fine, il protagonista potrà affermare che i ceci gli hanno salvato la vita. Il suo amore per la Sicilia e per i suoi abitanti nasce da un’intima adesione del cuore, un innamoramento per la nostra terra e la nostra cultura che noi lettori non possiamo che condividere. Non posso concludere questo mio breve intervento senza complimentarmi, ancora una volta, con Sandra Guddo, per la sua abilità di scrittrice nell’intrecciare vicende e personaggi e per la felice vena narrativa.
Margherita Giacalone