PASCAL: CUORE E RAGIONE
a cura di Pippo La Barba
Nella storia del pensiero cristiano è frequente il conflitto tra razionalisti e fideisti. Pascal, che con questo tema ha familiarità, quale posizione assume?
L’originalità di Pascal rende difficile rispondere. Egli è un uomo di Chiesa: la denuncia dei limiti della ragione nell’analizzare l’esistente, il pessimismo antropologico, la concezione della fede come dono divino, l’incidenza dell’abitudine sono forti elementi di sostegno a una visione fideistica. Ma il ruolo di Pascal nel processo di formazione e di sviluppo della scienza moderna fa propendere per un’idea razionalista prevalente.
Anzichè rinchiudere Pascal dentro questo schemino scolastico, conviene però cercare di capire dai suoi scritti che cosa intenda nello specifico per ragione e per cuore. “Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest’ultimo modo conosciamo i principi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d’impugnarne la certezza. Pur essendo incapaci di darne giustificazione razionale, sappiamo di non sognare; e quell’incapacità serve solo a dimostrare la debolezza della nostra ragione, e non l’incertezza di tutte le nostre conoscenze. Infatti, la cognizione dei primi principi – come l’esistenza dello spazio, del tempo, del movimento, dei numeri –, è altrettanto salda di qualsiasi tra quelle procurateci dal ragionamento. E su queste conoscenze del cuore e dell’istinto deve appoggiarsi la ragione, e fondarvi tutta la sua attività discorsiva per differenti vie. E’ altrettanto inutile e ridicolo che la ragione domandi al cuore prove dei suoi primi principi, per darvi il proprio assenso, quanto sarebbe ridicolo che il cuore chiedesse alla ragione un sentimento di tutte le proposizioni che essa dimostra, per indursi ad accettarle” ”(Pensiero 144).
Quindi per Pascal non c’è una dicotomia tra i due elementi: il cuore intuisce, la ragione discetta, procede per dimostrazioni; ma il cuore ha il primato sulla ragione. Senza l’apporto intuitivo del sentimento, la ragione non può neppure cominciare la sua “attività discorsiva”. Nonostante l’apparente dualismo, a Pascal non pesa la dipendenza della ragione dal sentimento. “Questa impotenza a spiegare ogni cosa – continua – deve, dunque, servire solamente a umiliare la ragione, che vorrebbe tutto giudicare, e non a impugnare la nostra certezza, come se solo la ragione fosse capace d’istruirci. Piacesse a Dio, che, all’opposto, non ne avessimo mai bisogno e conoscessimo ogni cosa per istinto e per sentimento! Ma la natura ci ha ricusato un tal dono; essa, per contro, ci ha dato solo pochissime cognizioni di questa specie; tutte le altre si possono acquistare solo per mezzo del ragionamento” (Pensiero144). Il pensiero 145 definisce una specie di trinità umana, i cui elementi sono ugualmente determinanti: “Cuore, istinto, principi”. A Pascal piacerebbe che questa trinità bastasse all’uomo. Purtroppo, l’uomo deve andare oltre, e deve farlo a passi di ragione. La ragione è un mezzo per ovviare per quanto possibile ai gravi limiti umani. Ma è anch’esso un mezzo limitato Si potrebbe dire che, per Pascal, dati i limiti dell’istinto e del sentimento, l’uomo non può fare a meno della ragione, ma deve stare molto attento a non gonfiarsi di presunzione, fino a non vedere più i limiti della ragione stessa.