Un talento annunciato. Maria Costa tra innovazione e tradizione di Sandra V. Guddo

                      Un talento annunciato: Maria Costa. tra innovazione e tradizione

 

                Sono venuta qui, a Gesso, per rendere omaggio insieme a voi, a Maria Costa a due anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 7 settembre del 2016. Sono certa che lei, da qualche parte e in qualche modo, ci sta ascoltando e magari sta sorridendo bonariamente pensando che stiamo facendo pura arte retorica melensa e tardiva. 

Sì tardiva, in quanto, mentre era ancora in vita, soltanto in pochi si sono accorti della sua grandezza sia come donna che come poetessa. Soltanto in pochi hanno riconosciuto il suo talento, un talento innato che Ella ha manifestato fin da bambina; infatti già all’età di 11 anni scriveva poesie. Un talento annunciato che avrebbe ereditato dal padre, studioso e amante della cultura e da una sua antenata che si dilettava a scrivere in versi.

Ma chi è veramente Maria Costa?

La poetessa dello Stretto tra Scilla e Cariddi!

 La poetessa del Mare!

La poetessa di Messina!

Ma io preferisco rispondere con la voce del popolo, di ciò che sussurrava la gente al suo apparire

“ Chista è Maria, amante di scrivania! “Così la definiva la gente … ed è noto che “Vox populi, vox Dei!”

Sto parlando della sua gente: quella del rione di Messina Case Basse di Paradiso, dove Ella nacque il 12 dicembre del 1926 e dove trascorse tutta la sua vita in una modesta casetta di fronte al mare, tirando avanti con una misera pensione, senza mai chiedere aiuto ad alcuno ma con grande dignità e fierezza.

Quella fierezza che, in modo specifico, appartiene alle donne del Sud di cui anch’io sono convinta sostenitrice.

Maria Costa è l’ossimoro perfetto della sicilianità: in lei, come ha scritto Donatella Pezzino, in una sua pubblicazione, “si mescolano il dolce e l’amaro, il veleno e il nettare, la lama che ferisce e il fiore che accarezza”. Sicilianità che traspare in tutte le sue numerose opere, di cui desidero ricordare alcune tra le più famose: Farfalle Serali (1978), Mosaico (1980), A prova ill’ovu ( 1989), Cavaddu i coppi ( 1993), Scinnenti e Muntanti (2003), Abbiru Maistru ( 2013).

Ma è autrice anche di brani in prosa sia in lingua italiana che siciliana. Ed è grazie al suo talento se il suo nome, nel 2006, è stato iscritto nel registro dei “ Tesori Umani Viventi” dell’Unità Operativa XXVIII ( 28) – Patrimonio UNESCO e nel Registro Eredità Immateriali Regione Siciliana.

Donna energica e piena di vitalità ha dedicato interamente la sua vita alla poesia e forse anche per questo non si è creata una famiglia propria. Molta attiva, partecipava a raduni poetici, eventi e manifestazioni artistiche, interpretando le sue poesie con passione, modulando la voce e la mimica facciale e gestuale con perizia, proprio come un’attrice di riconosciuto valore. E anche se le capitava di parlare, attraverso i suoi versi, di fatti e luoghi a lei lontani e mai visitati, grazie alla sua vena affabulatrice, riusciva a rendere l’effetto che appartiene solamente a chi ha assistito realmente a quei fatti e può affermare “Io c’ero”.

Ella è divenuta l’emblema stesso della città di Messina, ne ha cantato il patrimonio inestimabile dell’epos e della memoria collettiva, legati alle tradizioni popolari ma anche, andando più indietro nel tempo, ai miti e alle leggende della nostra isola, in particolare a quella di Colapesce. Ed è proprio per colpa sua se, quel nefando giorno, il 28 dicembre 1908, Messina venne distrutta dal terribile terremoto dove morirono migliaia di persone. Ma cosa fece Colapesce di tanto grave da provocare un terremoto?

“ Cambiò di spalla/ Colapesce/ quel nefando mattino/ sussultò la terra/ in ruina infernale/ Flagello/ giudizio Universale/tu, prostrata, sventurata, naufragasti in macerie/ gemiti, smarrimento/ Lamento, miasmi/ e fu schianto e fu pianto ( … )

Maria Costa è la guardiana della migliore tradizione siciliana non soltanto perché utilizza il dialetto messinese in modo innovativo, divenendo di conseguenza la vestale della lingua siciliana, la sacerdotessa che, con i suoi versi, ha alimentato il fuoco del nostro patrimonio linguistico affinché non si spegnesse. Ella diventa la custode e l’interprete delle antiche memorie della sua terra, del mondo dei pescatori, della povera gente e della vita semplice ma piena di valori di un tempo. In tal senso, è consapevole del ruolo fondamentale che hanno le donne all’interno della famiglia nel custodire e tramandare tali valori che mirano a tenere uniti “come le cinque dita di una mano*” tutti i suoi componenti. La donna è fecondità e maternità che assicura la formazione e la sana crescita della famiglia. Maria Costa sa benissimo che la situazione è cambiata e che il ruolo della donna si è modificato in modo radicale: ella ha ottenuto quella dignità sociale che le spettava ed occupa un posto di rilievo in luoghi e situazioni prima impensabili a scapito però dell’unità della famiglia.  Ma non dispera Maria Costa e non perde la fiducia nelle giovani donne ed è a costoro che rivolge l’appello affinché trovino un nuovo equilibrio che consenta di gestire il cambiamento epocale in atto nel nuovo millennio. Rispettare le tradizioni, infatti non equivale all’immobilismo culturale e sociale; al contrario, come dimostra Maria Costa, è possibile l’innovazione pur nel rispetto della tradizione. Innovazione e tradizione non sono due concetti in antitesi e inconciliabili. Tutta la produzione letteraria e poetica della nostra autrice lo conferma: modulando contenuti tradizionali, Ella sa essere innovativa per i messaggi occulti o esplicitati, per l’esuberanza lessicale molto ricercata ed elegante e per la fantasia narrativa, per il carattere antropologico e per la potenza espressiva, carica di pathos e di efficaci analogie e sinestesie.

Ma è soprattutto il mare a ispirare i suoi versi, il mare di cui svela i segreti e i profondi misteri dei suoi abissi, del Mediterraneo e della grandezza della nostra terra. E’ consapevole delle enormi difficoltà che incontrano le genti del sud in ogni settore, soprattutto in quello lavorativo e del dramma dell’emigrazione: quella giovanile in particolare, per motivi di lavoro o di studio. Tuttavia, la poetessa messinese non perde la speranza: anzi è certa che la Sicilia, dopo tante traversie, raggiungerà nel Mediterraneo e nel mondo, quel posto di cruciale importanza che le spetta di diritto.

Ne è convinto anche il giovane e brillante regista messinese: Fabio Schifilliti che le ha dedicato il cortometraggio “Come le onde”. Egli, dopo averla conosciuta, ne ha subìto tutto il fascino. Colpito dal suo messaggio di amore immenso per la Sicilia, lo stesso Fabio che voleva abbandonare la nostra isola, in cerca di fortuna, per produrre altrove i suoi film, ha deciso di restare qui, per raccontare la sua terra al mondo intero senza spostarsi dalla sua città. Un esempio da seguire, un messaggio per tutti i giovani, un invito a restare per costruire insieme un futuro diverso per la Sicilia e i siciliani. Ed è con questo invito e con questo messaggio di speranza che chiudo il mio intervento, ringraziando di cuore tutti voi e gli organizzatori di questa straordinaria serata, dedicata a Maria Costa e alla migliore sicilianità.

Sandra Vita Guddo

  • Da “ I Malavoglia” di Giovanni Verga

 

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One comment

  1. Myriam De Luca
    Myriam De Luca

    Questo articolo ha suscitato in me molto interesse e ammirazione nei confronti della poetessa Maria Costa e anche nei confronti di chi lo ha scritto.
    La scrittrice Sandra Guddo è riuscita a dipingere, con le parole, il nobile ritratto di questa grande artista.
    Complimenti Sandra per il tuo meritatissimo riconoscimento

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