UN MONDO VIVO E SORPRENDENTE
Il mondo che Sandra Guddo ci regala in CICIRI. Racconti di terra di Sicilia è un mondo vivo e sorprendente, scoppiettante, costruito ad arte sulla sicilianità. Ciciri! Perché proprio questo titolo e non un altro?
Non sarebbe stato possibile sceglierne un altro che fosse altrettanto esemplificativo e pregnante per tuffarsi dentro l’anima del libro, composto da 14 racconti lunghi, e per carpirne i segreti. Ad esempio, in che modo la parola “ciciri”, che ci riporta ai Vespri Siciliani (1282), divenne lo shibboleth, il termine discriminante per individuare gli angioini e favorire il loro passaggio a miglior vita?
Attraverso l’avventurosa e appassionante storia del soldato francese Paul Dubois, verrà svelato l’arcano. Operazione di fantasia, che anch’io spesso utilizzo nel raccontare la mattanza dei Vespri.
In tal caso, ma anche in altri racconti, l’Autrice utilizza un procedimento narrativo, che talvolta si tinge di giallo, in cui realtà storica e fiaba si intrecciano per dar vita ad un robusto racconto, presentato in modo fluente e godibile per lettori di tutte le età, anche molto giovani. Uno degli intenti di Sandra Guddo è quello di avvicinare non soltanto gli adulti ma soprattutto i ragazzi alla conoscenza di episodi che fanno parte della cultura siciliana, attraverso una lettura che risulti il più possibile gradevole e niente affatto didascalica.
Un mix avvincente, ricco di storie e fantastorie, dove ogni personaggio rappresenta un aspetto della sicilianità, con luci ed ombre. Ogni racconto diventa un tassello fondamentale per la costruzione di un patchwork chiamato “Ciciri” sia che parli di personaggi di fantasia sia di personaggi storici realmente esistiti come Salvatore Maniscalco, feroce capo della polizia borbonica al tempo della rivolta della Gancia o di Pasquale Turriciano, passato alla storia come feroce bandito il cui racconto mira a squarciare le nebbie della storia presentandoci il bandito tra le strade di Castellammare come un eroe entrato nel mito dell’epos collettivo! Sia che ci presenti Agatuzza Messia, la nutrice di Giuseppe Pitrè come non l’avevamo mai conosciuta prima, sia che indaghi sulla misteriosa morte di Rosalino Pilo, ucciso con ogni probabilità dal cosiddetto “fuoco amico” del Corrao, come è pronto a giurare un testimone oculare: Rosario, il ragazzino, vero protagonista del racconto.
Ancora tanti personaggi storici, come tasselli vivi, arricchiscono la narrazione come la bambina Angela Romano, fucilata dall’esercito piemontese con l’accusa di essere una lealista, o, come il misterioso inabissamento del piroscafo “Ercole” su cui viaggiava Ippolito Nievo. A questi vanno annoverati altri personaggi scaturiti dalla fervida capacità creativa di Sandra Guddo. Tra questi impossibile non citare il famoso climatologo Antonino Sutera che prima di morire vuole realizzare un sogno tradito: parlare in un congresso internazionale sul clima nella sua vera lingua: la lingua siciliana. Ci riuscirà?
O la bella Candida che cerca tra la folla di Cefalù il suo “marinaio ignoto” o la giovanissima Laura, convinta da certi stereotipi falsanti, che parlare in siciliano equivalga ad essere catalogata come una miserabile popolana. La timida Amalia che, costretta ad emigrare nella lontana regione americana del Tennessee, porterà con sé un inconfessabile segreto.
L’ingenua Penelope, affettuosamente detta Pennù, che nei libri di storia studiati a scuola, non trova traccia del racconto della trisavola da cui ha preso lo stesso nome, sulla violenza dei cosiddetti liberatori garibaldini che compirono delitti atroci per pura efferatezza. Trova invece disprezzo e bieco livore nei confronti della gente del sud.
Tanti personaggi caratterizzati con efficacia come u zu Ciccu che trova nel suo pescato un vero tesoro, che si rivelerà rovinoso per la sorte di due giovani innamorati.
Storie che abbracciano un arco temporale abbastanza esteso che parte con Ciciri, dal 1282, per arrivare fino ai giorni nostri, ma sempre con la Sicilia nel cuore.
L’autrice, giunta alla sua terza opera, conferma con Ciciri le sue doti di sapiente narratrice inaugurando uno stile modernissimo dove ad un linguaggio improntato ad un crudo realismo, si alterna un autentico lirismo tanto che si ha talvolta l’impressione di leggere poesia in prosa.
Con questi racconti la Guddo dimostra di avere raggiunto quella maturità di pensiero e lessicale alla quale aveva fatto cenno con Tacco 12 e aveva dimostrato di possedere saldamente con Le Geôlier.
Dovunque abbia attinto stimoli ed ispirazione per novellare o stile per narrare poco importa! Il risultato finale è avvincente e molti di questi racconti la consacrano come narratrice di prestigio e la pongono sul sentiero dei grandi novellisti di Sicilia: Capuana, Verga, Pirandello.
A volte, come nel caso del racconto “I Cutrara“ l’ ironia sfiora il paradosso poiché quel sanguinario fatto storico (gennaio 1862) viene raccontato così come lo ha “visto” una cieca, fucilata con l’accusa di brigantaggio dalle armate piemontesi. Nel racconto “La rivolta della Gancia” la narrazione dei fatti si tramuta in dramma, mescolandosi con la storia di una giovane popolana, innamorata del cospiratore antiborbonico Vanni, che ella, tratta in inganno, denuncerà al capo della polizia borbonica Maniscalco.
Un esperimento letterario che, pur muovendo dalla grande tradizione narrativa siciliana (da Giovanni Verga in poi), si evolve arricchendosi di annotazioni psicologiche, atte ad entrare nel pathos dei personaggi. Ad esse si alternano pittoresche sequenze descrittive, come pennellate, di paesaggi splendenti di luce o dei quartieri storici di Castellammare, di Cefalù o di Palermo con l’antico mercato di Ballarò. Si ha davvero l’impressione di essere calati nell’atmosfera dei periodi narrati grazie ad una accurata ambientazione e ricostruzione storica che getta nuova luce su fatti ed eventi accettati acriticamente. E’ così possibile entrare insieme ai protagonisti nelle sudicie taverne palermitane di una volta e lasciarsi piacevolmente stordire dall’odorino di pietanze tipiche siciliane come “u pitirri”, piatto a base di farina di ceci con aggiunta di finocchietto selvatico o borragine (come nel makku di fave). Con abilità l’autrice introduce una terminologia siciliana che apre spaccati veraci sulla cultura popolare dell’isola affermando infine che “ u sicilianu è megliu assai, ku ‘na sula palora s’ammukka un munnu !
In ogni modo, tutti i racconti sono stati scritti da un punto di osservazione originale, reso possibile da un’accurata indagine storica documentaria che ne permette una seria ricostruzione in grado di ristabilire verità scomode su alcuni gravissimi episodi della storia della Sicilia, scevro da qualsivoglia spirito di sciovinismo.
Alla fine del libro il lettore, racconto dopo racconto, potrà avere l’impressione di avere ascoltato una sinfonia in cui tutti gli strumenti hanno contribuito a creare un’armonia capace di soddisfare mente e cuore. La Sicilia.
ANTONIO LICATA
” Squarciare le nebbie della storia”
Incantevoli parole Antonio.
Una recensione in cui le parole scalpitano di appassionato coinvolgimento.