FEDERICO BARBAROSSA E LA MISTERIOSA LETTERA DEL PRETE GIANNI
Tra Storia e Leggenda
A cura di Sandra V. Guddo
Sarà deformazione professionale, dovuta al fatto che da tempo conduco corsi di Scrittura Creativa e Video Scrittura, ma quando ho un libro tra le mani, per la prima volta, mi chiedo a quale genere letterario appartenga.
In questo caso siamo certamente di fronte ad un saggio storico, scritto da Carla Amirante Romagnoli sulla base del metodo storico della ricerca e della comparazione dei dati. Il saggio ha però l’andamento narrativo del giallo che pone e propone ipotesi e controipotesi. Un andamento che mi è particolarmente gradito e familiare in quanto è lo stesso che ho utilizzato anch’io nella stesura dei miei romanzi “ TACCO 12 Storie di ragazze di periferia” e LE GEÔLIER”.
Inoltre il titolo “Prete Gianni “mi viene immediatamente in soccorso in quando dichiara apertamente l’argomento che viene trattato (si parla di un personaggio) mentre il sottotitolo” Tra storia e leggenda “offre indicazioni fondamentali per capire se collocare tale personaggio in ambito storico oppure in ambito leggendario.
La questione viene posta dall’autrice Carla Amirante Romagnoli in modo problematico: il Prete Gianni è un personaggio storico realmente esistito di cui è possibile fornire inconfutabili dati storici a testimonianza della sua esistenza? Dati oggettivi e documentabili, oppure si tratta di un personaggio leggendario, se non addirittura immaginario, amplificato dalla fantasia e alimentato dalla tradizione popolare?
L’autrice in tal caso rivela una profonda conoscenza dei fatti e del periodo storico trattato, fatti che Ella espone, sulla scorta del metodo scientifico ed euristico della ricerca e sulla comparazione dei dati, esaminando tutti i documenti utili a comporre un quadro storico di riferimento completo ed accurato.
E proprio per contestualizzare tali fatti, ritengo utile tracciare il quadro storico di riferimento dell’Europa di quel periodo.
Siamo nell’ anno 1165, anno in cui una misteriosa lettera fu recapitata all’imperatore d’Oriente che allora risiedeva nella città di Bisanzio: Manuele I Comneno. La lettera recava la firma del Prete Gianni che si presentava come “Presbitero Giovanni, grazie all’Onnipotenza di Dio, Re dei Re e Sovrano dei Sovrani” . Il suo Regno, situato in luogo non ben precisato, tra le tre Indie, Mesopotamia ed Abissinia, veniva descritto come un regno ricco ed opulento con grande varietà di piante ed animali esotici
Gli eventi sono dunque riferiti al periodo definito dagli storici Basso Medio Evo che, come ricorderete va dal Mille / 1492, scoperta dell’America ad opera di Cristoforo Colombo. Ricordiamo che l’Alto Medio Evo era iniziato nel 476 con la deposizione di Romolo Augusto, ultimo imperatore dell’Impero Romano d’Occidente per mano di Teodorico, re degli Ostrogoti). Siamo dunque nel XII secolo in cui i protagonisti della scena politica che ci riguarda sono tre: Il Papato nella persona di Alessandro III, Federico Barbarossa e Manuele Comneno I.
Voglio iniziare da Federico Barbarossa, figlio di Federico II di Hohenstaufen e nipote di Corrado III di Germania, che alla morte dello zio (1152) divenne Imperatore del Sacro Romano Impero, Re di Germania, Re d’Italia e Duca di Svevia. Ben presto scoppiò il conflitto con il Papa Alessandro III che arriverà persino a scomunicare il Barbarossa per gli insanabili contrasti sorti a seguito della lotta dell’imperatore con i Comuni italiani (Milano, Bergamo, Cremona e Mantova) che si rifiutavano di riconoscere l’autorità dei funzionari imperiali e di versare i dovuti tributi.
Il Papa si alleò con i Comuni garantendo il suo appoggio contro l’imperatore che avrebbe voluto invece sintetizzare sulla sua figura di imperatore il potere temporale con il potere spirituale proprio come aveva fatto il Prete Gianni che, nella lettera si autodefinisce Re – Sacerdote. Un re dunque per volere divino, come attestano anche le sue origini, infatti il presbitero Gianni discenderebbe dai Re Magi. Tale discendenza garantirebbe al Prete Gianni la sua origine divina. Probabilmente anche per questo motivo Barbarosse fece transumare le ceneri dei Re Magi, sepolti a Milano città focolaio di ribellioni anti-imperiale, nella città germanica di Colonia a lui fedelissima.
Barbarossa però non era in contrasto soltanto con il Papa per i motivi che abbiamo appena individuato ma anche con Manuele I Comneno il quale aspirava a diventare, con il sostegno di Alessandro III, Imperatore d’Oriente e d’Occidente. Manuele I, salito al trono nel 1143, mirava al consolidamento dei suoi territori minacciati ad ovest dai Serbi e dagli Ungheresi e ad espandere la sua influenza anche in Italia ai danni di Federico Barbarossa.
Il conflitto tra questi personaggi appare dunque inevitabile!
Forse una lettera che ribadisce il concetto del Re- Sacerdote, che ha diritto al trono per volontà divina, potrebbe aiutare alla diffusione e accettazione di tale concetto, e di conseguenza potrebbe facilitare Federico Barbarossa nel suo progetto, specialmente se esso viene presentato in modo accattivante e fascinoso. E la lettera del presbitero lo è sicuramente.
In un’epoca in cui erano frequenti le guerre, le pestilenze, le carestie e la miseria era largamente diffusa tra i diversi strati della popolazione, parlare di un regno come quello descritto dal Prete Gianni, costituiva per quella povera gente il sogno, il luogo ideale dove sperare di poter vivere, il rifugio mentale dove poter dimenticare anche solo per un attimo le proprie sofferenze, gli stenti e gli affanni. Un Eden perduto e forse ritrovato. Un regno situato in un luogo non ben precisato dove scorrono fiumi di latte e di miele, dove piove la manna dal cielo, dove esiste una grande ricchezza di oro, argento e pietre preziose, dove vivono animali esotici mansueti, dove gli uomini vivono in pace senza odio né spirito di vendetta né rancore, dove scorre anche una fontana dall’acqua miracolosa che regala il dono della giovinezza a chi se ne disseta. Un regno situato in un luogo lontano, forse aldilà delle tre Indie, forse in Africa settentrionale nella zona tra Etiopia, Abissinia e Nubia o addirittura nelle Americhe ad Haiti dove Juan Ponce De Leòn, rampollo dell’aristocrazia spagnola, si avventurò nel 1493 alla ricerca della fonte della giovinezza. Siamo dunque già dopo il viaggio di Cristoforo Colombo che per la sua importanza segnò la fine del medio evo ( 1492 ) e l’inizio dell’età moderna. L’ interesse del navigatore genovese per questa impresa sarebbe stato suscitato, secondo alcuni, dalla lettura del romanzo di Sir John Mandeville in cui veniva descritto il meraviglioso paese del Re- Sacerdote.
La lettera dunque potrebbe essere stata scritta, per volontà del Barbarossa, dalla cancelleria tedesca; da un team di esperti in geografia, antropologia, storia, etnologia e letteratura popolare per avallare il re germanico nel suo sogno di ricostruzione del Sacro Romano come era stato realizzato da Carlo Magno. Impresa divenuta irrealizzabile in quanto erano mutate le condizioni che lo avevano reso possibile!
Con la medesima scrupolosità, seguendo il già accennato metodo della comparazione dei dati, vengono esaminate le tre versioni della lettera: quella latina, quella anglo normanna e quella francese. Allo stesso modo si cerca di capire a quale personaggio storico possa identificarsi il Prete Gianni: forse a Gengis Khan o forse al Negus di Abissinia, attraverso una verifica approfondita e puntuale.
In ogni modo, questa lettera rappresentava una sorta di panacea contro tutte le sofferenze dei popoli del tempo, la speranza di una vita migliore non soltanto vagheggiata e sognata ma divenuta realizzabile. Nella lettera si parla anche di una speranza concreta per i cristiani e cioè la lotta e la sconfitta definitiva dei musulmani e la liberazione del Santo Sepolcro. Nell’anno del Signore 732 l’esercito di Carlo Martello aveva fermata l’avanzata dei Saraceni a Poiters ma nessuno si sentiva completamente al sicuro da quella minaccia. Ebbene quella lettera proponeva un’alleanza del potente regno del prete Gianni contro gli infedeli che sarebbero stati in forza di tale alleanza respinti indietro.
Ho trovato molto piacevole ed interessante la lettura del libro della Amirante, non soltanto per i contenuti che spaziano su vari temi compresi gli aspetti più propriamente religiosi e l’analisi di movimenti quali il Nestorianesimo, il Manicheismo e lo Zoroastrismo. La narrazione si snoda tra ipotesi e contro-ipotesi alla ricerca della verità storica e, quasi fosse un giallo, porta il lettore allo svelamento della verità o almeno di quella verità che risulti più accreditata dal punto di vista dell’indagine storica.
La storia non è fatta soltanto dai grandi protagonisti come Alessandro III o Federico Barbarossa ma dai popoli, dalle loro credenze e dalle loro speranze. Se ne deduce che, se in quel periodo storico del Basso Medioevo si sentiva il bisogno di un intervento concreto quale poteva offrire il Prete Gianni, bastava inventarlo e darlo in pasto alla gente. La lettera ebbe infatti per tutto il Medio Evo una grandissima diffusione fino al ‘600. Ne subì l’influenza perfino Giovanni Boccaccio nella novella “Calandrino e l’elitropia”. Si parlò per secoli del paese della Cuccagna e di Bengodi e se ne parla anche adesso anche se con accezione diversa.
Il popolo ha sempre avuto bisogno di storie a cui appigliarsi per rifugiarsi nei momenti di sconforto e c’è sempre qualcuno pronto a costruirle per tenere a bada la moltitudine. In fondo non è quello che continuano a fare i politici di oggi con le loro promesse che sono per lo più fantasiose bugie come lo è, secondo il mio modesto avviso, la figura del Prete Gianni?
Una bugia demagogica, data in pasto ai popoli per controllare la loro inquietudine.
Sandra V. Guddo