MYRIAM DE LUCA
VIA PAGANINI, 7
Spazio Cultura edizioni ( 2016 )
A cura di Sandra V. Guddo
Un delicato affresco sulle problematiche giovanili è quello che dipinge Myriam De Luca nella sua opera d’esordio:Via Paganini, 7.
Si tratta infatti di un libro di formazione che interpreta, con rara sensibilità, il disagio dei giovani, costretti a vivere in una realtà omologata, dove i veri valori si sono persi, lasciando spazio alla ricerca di effimere soddisfazioni legate al desiderio di potere e di ricchezza economica.
Ecco che la protagonista del romanzo, Viviana, appare come un’aliena, in quanto è interamente impegnata nel processo di formazione e di costruzione del proprio sé, come coscienza autocritica. Irretita in un groviglio di relazioni affettive che imbrigliano la sua anima in uno stato di perenne sofferenza, Ella va alla ricerca di autenticità, non falsata da miti illusori e liberata da rapporti insoddisfacenti o addirittura dolorosi, come quelli che vive all’interno della sua stessa famiglia, in cui la madre si rapporta con lei in modo crudele e disumano.
Ma anche dal suo Niko, per cui nutre, ricambiata, un sincero rapporto amoroso, si sente incompresa nell’intimità e nella profondità del suo sentire. Il suo lavoro di assistente in uno studio legale, ripetitivo e disumanizzato, non le arreca soddisfazione alcuna. Ecco che allora la fuga da questa realtà le pare l’unica vera via d’uscita, alla ricerca delle sue più profonde potenzialità, rimaste inespresse dentro il contenitore avaro di affetti, di comprensione e di autentici stimoli.
La strada che Viviana sceglierà, anche se densa di amarezze e di delusioni, la condurrà là dove voleva essere; il sostegno di amici veri l’aiuteranno ad accettare verità insospettabili sul suo passato. Troverà infine dentro sé stessa, con l’aiuto della fede, quelle energie e risorse psicologiche necessarie per la realizzazione del proprio Sé.
La voce narrante, espressa in prima persona è quella della stessa protagonista che, con un linguaggio semplice, di uso quotidiano, procede senza sbalzi e con pochi feedback. Ciò, se da un lato rende scorrevole la lettura, dall’altro non impegna il lettore in un serio sforzo di comprensione di quelle tematiche abilmente espresse dall’ Autrice. Tematiche profonde che possono apparire passate di moda in una realtà dove il modo di esprimersi dei giovani d’oggi è spesso impregnato di superficialità e di volgarità che nascondono un vuoto di contenuti e di valori.
Viviana è invece estranea a tutto questo. La sua maturità espressiva ben si concilia con il suo profilo caratteriale ed emozionale che la rende incapace di usare un lessico sbottonato, distinguendosi dalla greppia scalmanata di molti giovani che cercano nella disgregazione dei valori e nell’annullamento della loro personalità, l’evasione e il divertimento da sballo.
La parola, più di ogni altra cosa, è il primo elemento con cui ci rapportiamo con gli altri: è la nostra carta di identità! Il linguaggio che utilizza Viviana riflette il suo mondo interiore, sensibile e ricco di valori morali fortemente umanitari e solidali. Non c’è scollamento tra il suo modo di porgersi agli altri ed il suo modo di essere. A tal proposito, Vittorio Lo Jacono afferma, nella sua prefazione al romanzo: “Myriam, a tratti con la sua maniera sorniona di schernire i sentimenti , ha avuto la capacità – tramite le pagine del suo libro – di invitarci a riflettere, di portarci con sé facendoci provare le stesse emozioni che lei stessa sente donandoci la sensazione di viverle e condividerle, e coinvolgendoci nel rapporto empatico di chi scrive un romanzo. E’ un vivere queste emozioni sino in fondo, esortandoci a cercare, in un percorso interiore, qualcosa che ci aiuti a comprendere fortemente le vicissitudini della vita. “
Il naturale interesse di Viviana per gli anziani che, in qualche modo, la allontana dai suoi coetanei, probabilmente nasce, proprio dall’esigenza di mantenere un tipo di linguaggio scevro da ogni volgarità. E in ciò consiste il punto di forza di questo romanzo che, se a prima vista, può sembrare un romanzetto d’evasione, cela messaggi fondamentali, come ben sottolinea Antonino Cangemi “ sono tanti messaggi che la De Luca ci trasmette con Via Paganini, 7, ma quello dell’amore per il prossimo inteso in senso autenticamente cristiano è il messaggio più forte ( … ) .
A me invece piace ricordare quello che Faustina, l’amica di Viviana, più grande di lei di parecchi anni, le rivolge in un momento di sconforto (pag.120 ) “ Non possiamo cambiare le cose che ci fanno soffrire ma possiamo evitare che il dolore marcisca dentro di noi. Un dolore marcio è una delle più subdole diossine che paralizza le nostre emozioni, facendoci vivere come morti in corpi che si muovono. Sta a te trovare un posto in cui sistemarlo, affinché non marcisca e convivere insieme ad esso trovando un senso, uno scopo che vi faccia sentire complici, non nemici.”
E Viviana saprà sistemare il suo dolore e trasformarlo in solidarietà verso tutti e verso gli anziani in particolare.
Nel complesso la narrazione, strutturalmente semplice, è in netta contrapposizioni con le odierne linee editoriali che si nutrono spesso di storie d’effetto ma prive di valori. Per questo un plauso va rivolto anche a chi ha edito il libro e curato la bellissima veste grafica che sorprende per la fresca immagine di copertina.
Sandra V. Guddo
Complimenti vivissimi per la bellissima recensione di Sandra.
Il libro sarà sicuramente interessante, perché affronta, quella che secondo me è una delle problematiche della società moderna. E cioè il fatto di non avere saputo dare ai giovani un educazione ai veri valori della vita. Oggi le cose che contano per la maggior parte dei ragazzi dono la notorietà e i soldi. Tutto il resto sembra essere stato cancellato dal loro mondo.
Per fortuna c’è ancora qualche giovane che ha ancora sani principi e volontà di
Essere d’aiuto agli altri.