“Materia” di Rosario Mario Gazzelli = rec. Sandra Guddo

 

MATERIA +

ROSARIO MARIO GAZZELLI

 

Omaggio di Sandra V. Guddo ad un grande poeta, fondatore dell’Ottagono Letterario

 

La lirica d’avanguardia del novecento, quella dell’ultimo cinquantennio almeno, esprime il suo contenuto più profondo nella domanda: che cos’è l’uomo?

Questa lirica, infatti, non è comprensibile senza quei riferimenti storico-sociali che la legano a quell’importante movimento culturale noto come esistenzialismo.

Qui si vuol parlare il meno possibile di filosofia, ma la lirica di Rosario Gazzelli, che si esprime come ontologia della deiezione, ci impone di ricercare, al di là della estrema concentrazione delle parole, lo sforzo del poeta di trovare uno strumento di comunicazione profonda, che lo metta in rapporto con gli altri uomini e l’aiuti a superare la solitudine di chi, avventuriero dell’esistenza, è approdato deluso alla scoperta dell’angoscia comune degli uomini.

Egli, infatti, giunge alla poesia soltanto attraverso un travaglio di sofferta riflessione; in lui la preoccupazione filosofica si traduce in un sforzo di sincerità espressiva: una sincerità che non è sfogo immediato, ma ricerca profonda e aderente al contenuto più segreto della propria esistenza. Pertanto la sua lirica non può essere definita autobiografica, ma esistenziale, in quanto riproduce, con quei gridi soffocati di angoscia, l’esistenza umana come ‹‹Geworfentheit››, cioè come  solitudine ontologia dell’individuo.

L’uomo ex-siste, cioè viene dal nulla e va verso il nulla, si strugge che la vita sia questo squallido cammino senza alcun senso, senza alcuna ‹‹finalità››, se non quella di essere un assurdo dilemma che soddisfa solo l’ ‹‹insignificante materia››.

La vera veritas dell’uomo è la ‹‹realtà dei vinti››: l’uomo è sconfitto già in partenza, non ha chiesto di vivere, né sa perché vive: un sentimento lo angoscia: la consapevolezza di essere una nullità di fronte all’esistenza. Eppure accetta la lotta e vive la sua vita, sempre ricercando il perché di questo ‹‹cammino penoso›› . Sa che non troverà ciò che cerca, né potrebbe trovarlo: la finalità della nostra esistenza ritroverà il ‹‹dogma›› che ricopre ‹‹l’enigma››, in cui l’uomo naufraga impotente.

E’ vero; l’uomo si afferma come temporalità, in termini heideggeriani, come cura, e perciò crede di esistere perché ‹‹giudica, premia, condanna, sputa sentenze››, grida, impreca, ‹‹strumentalizzando qualsiasi ideologia impone la sua volontà›› e non comprende che ‹‹spunta l’ alba ed è subito notte››, perché: cos’è il nascere se non essere gettato nel buio dell’esistenza?

E in questo enigma ciò che prevale nella specie non è se non la ‹‹predominante volontà di una totale distruzione di se stessa››, che si manifesta nei rapporti sociali (‹‹vita precaria, arridi al forte e d’amaro  inondi il giusto››), politici, fra i popoli di diverso colore.

Da ciò l’ amara constatazione della ineliminabilità di alcuni problemi: guerra, razzismo, conflitti, perché facenti parte della struttura esistenziale dell’uomo che si determina come autonegazione ed autodistruzione.

Ma, in questa visione così amara, una luce sembra rischiarare le fitte tenebre dell’esistenza: l’ arte, quella ‹‹sublime forza interiore dove tutto esalta lo spirito della specie ›› .

Sandra V. Guddo

 

30/03/2017.  UNICULT, progetto di UNIPOP Università Popolare di Palermo; ideazione  Antonio Licata, editor Sandra Guddo.
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